SUI DIFFERENZIALI DI REDDITO NEL SETTORE PUBBLICO

di Giorgio Ragazzi

Il capo della Polizia guadagna il doppio del capo di Scotland Yard, il Governatore della Banca d’Italia quattro volte Bernanke, il sindaco di Trento più di Obama, l’ex segretario generale del Senato ha una pensione di oltre 500 mila euro che cumula con altri incarichi, mentre i salari medi dei dipendenti italiani sono tra i più bassi in Europa.
Nel settore privato i divari di reddito possono essere limitati favorendo la concorrenza che, se c’è, può anche giustificarli. Nel settore pubblico queste differenze salariali non sono invece in alcun modo giustificate dal “mercato”: non si può certo pensare che il nostro Governatore “valga” tanto più di Bernanke, né che non si potrebbe trovare un Governatore (o capo della Polizia o sindaco di Trento) altrettanto capaci se si offrissero loro salari assai più bassi. Semplicemente, la nostra classe dirigente, i politici e le molte migliaia di dirigenti del settore pubblico (istituzioni, amministrazione, società) dalla fine degli anni ’90 si sono andati attribuendo remunerazioni via via crescenti. Aggiungiamo poi, con Dante, “e il modo ancor m’offende”, per accennare ai sotterfugi con i quali si cercano di occultare le vere remunerazioni, come i doppi incarichi, i rimborsi spese forfetari o privilegi negati a tutti gli altri cittadini come il rimborso delle spese di viaggio da casa alla Regione o l'indennità di un anno di stipendio ad ogni fine legislatura.
Tutto ciò ha conseguenze negative che vanno oltre i giudizi morali o le considerazioni sull’equità o l’onere per la finanza pubblica.
Queste disparità, largamente risentite dall’opinione pubblica, minano la “coesione sociale”, un valore non quantificabile, ma fondamentale anche sotto l’aspetto economico:sono le differenze nella coesione sociale che spiegano, assai più della disponibilità di capitale e lavoro, perché alcuni paesi abbiano redditi elevati ed altri siano invece “poveri”. Coesione sociale significa poca evasione, poca corruzione, rispetto delle regole e dei contratti, meritocrazia, insomma tutti gli ingredienti che portano allo sviluppo economico. Con lo spettacolo che offre quotidianamente la nostra classe dirigente, perché mai persone con reddito modesto dovrebbero sentirsi moralmente tenuti a pagare tutto il dovuto al fisco? O gli impiegati pubblici (più di due milioni!) moralmente tenuti a svolgere al meglio il loro lavoro? Controlli e repressione non sono minimamente in grado di ottenere ciò che la gente può offrire spontaneamente dove c’è coesione sociale.
Angela Merkel ha detto: “Lo scarto tra ricchi e poveri è diventato una minaccia seria ai principi morali della nostra società”. E Francesco Alberoni ha scritto (Il Corriere 28.1.2008) : “Una società democratica funziona solo se ha un solido fondamento morale….In Italia, dove l’etica pubblica è quasi inesistente….i mali…non si possono curare con la legge…senza solide radici etiche…il fondamento della società è il singolo individuo moralmente capace di dire no. Il nostro paese ha bisogno di una ricostruzione etica…che dovrebbero per prima cosa avere i politici, i magistrati…gli imprenditori…perchè la morale si insegna con l’esempio”.
Un secondo aspetto riguarda il rapporto tra remunerazioni e qualità della classe politica. Siamo sicuri che remunerazioni molto elevate tendano a selezionare una classe politica eccellente, o non potrebbe essere vero il contrario? Per evitare che solo i “ricchi” si dedichino alla politica è importante assicurare loro un trattamento “dignitoso”, ma lo stipendio di un professore universitario non basterebbe a ritenersi “dignitoso”? Se le remunerazioni fossero di questo livello c’è da ritenere che si candiderebbero persone mosse soprattutto dal desiderio di portare avanti le proprie idee e servire la collettività. Se invece le remunerazioni (ed i privilegi connessi) sono un multiplo di quel livello è più probabile che cerchino di farsi avanti “affaristi” ed opportunisti che altrimenti della politica si interesserebbero poco o nulla. Chi vede nella politica un’occasione per “sistemarsi” ed arricchirsi è poi anche più disponibile alla corruzione. La spesa per la campagna elettorale diventa un buon investimento, e chi può più spendere è avvantaggiato: torna così il vantaggio di essere “ricchi”. Un’alta remunerazione non assicura la selezione della migliore classe politica, anzi il contrario!
I compensi dei consiglieri comunali sono stati sensibilmente ridotti con legge dello stato (e non pare che questo abbia ridotto la corsa alle candidature) ma i consiglieri regionali (tanti!) continuano a potersi determinare liberamente i loro compensi: non credo che una norma statale che regolasse questo aspetto dovrebbe ritenersi lesiva della “autonomia costituzionale” degli enti regionali.
Tagliare le remunerazioni del settore pubblico è importante anche per stimolare la “meglio gioventù” a misurarsi sul mercato. Abbiamo bisogno di imprenditori per recuperare competitività e creare occupazione e sviluppo. Per questo dobbiamo andare verso il modello americano, dove chi si vuole arricchire fa l’imprenditore, chi si impegna nel settore pubblico si deve accontentare di stipendi modesti. In Italia pare che avvenga il contrario: la strada più facile per arricchirsi o quanto meno raggiungere redditi elevati senza rischio è quella di impegnarsi in politica o nelle molte migliaia di “posti” che ruotano attorno alla politica stessa. Sinchè non si cambierà questa situazione non credo sarà possibile né risanare l’economia né ridurre la corruzione.

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