L’Ici per la Chiesa una doverosa svolta di equita’

L’Ici sugli immobili della Chiesa usati per attività commerciali è rimasto per anni un assurdo tabu’. Sia chiaro, non penso assolutamente che sia il caso di presentare il conto alle strutture utilizzate a scopo esclusivo di culto, ma ritengo altresì che non ci sia alcun motivo per cui cliniche, scuole, alberghi ecclesiastici debbano essere esentasse per il solo fatto di ospitare una piccola cappella. Bisogna dare a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio. E’ una questione di buonsenso, tanto più rilevante in un momento così difficile, in cui si chiedono sacrifici durissimi a lavoratori, famiglie, pensionati.

Insomma, se tutti devono fare la loro parte è giusto che la facciano anche la Chiesa e tutti gli altri soggetti che oggi non sono tenuti a pagare l’imposta comunale sugli immobili. Ben venga, quindi, la svolta annunciata dal presidente Monti. Una svolta che l’Italia dei Valori chiedeva da tempo, che avremmo voluto fosse inserita già in una delle tante manovre che si sono succedute dalla scorsa estate. Una svolta di equità doverosa per un governo che proprio con la parola equità si è presentato agli italiani senza però riuscire mai a riempirla davvero dei necessari contenuti. Una svolta, va anche detto, obbligata, visto che sull’Italia pende una procedura d’infrazione aperta dalla Commissione europea per violazione della concorrenza e illegittimo aiuto di Stato.

Ora aspettiamo il governo alla prova dei fatti, perché le promesse non bastano. La Chiesa ha già detto in passato che non ci sono pregiudiziali, nulla giustificherebbe quindi inspiegabili rinvii. Del resto la partita è importante, dal momento che l’introduzione dell’Ici sugli immobili commerciali della Chiesa porterà nelle casse dello Stato risorse rilevanti. Le stime sono molteplici, la più affidabile è probabilmente quella dell’Istituto per la finanza locale dell’associazione dei Comuni, che parla di un possibile gettito di un miliardo di euro. Ma c’è chi parla anche del doppio, ossia di due miliardi di euro. Sono tanti soldi, che in questo momento di crisi potrebbero essere utilizzati per sostenere le fasce sociali più deboli. Sarebbe giustizia sociale e, ne sono certo, anche la Chiesa sarebbe d’accordo.

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