In Grecia come in Italia si salvano le banche e pagano i lavoratori

Basterà l’ennesima manovra di lacrime e sangue alla Grecia per evitare il default? E’ quello che si chiedono tutti, a cominciare dai cittadini greci che ieri hanno manifestato in tutte le città in attesa del voto del Parlamento.

La mia impressione è che ormai sia i vertici europei che la Grecia navighino a vista. Francia e Germania detengono rispettivamente 47,9 e 18,6 miliardi di dollari di titoli tossici greci a cui si aggiungono gli 11,5 miliardi della Gran Bretagna. Pur di non perderci questi Paesi sono disposti ancora a prestare denaro alla Grecia attraverso la Bce e l’Fmi, in cambio però di manovre sempre più restrittive, operando di fatto un commissariamento dell’economia ellenica.

Non so come andrà a finire, so però che per salvare le banche di questi paesi l’Europa ha costretto la Grecia a misure insostenibili. Insomma, a pagare sono sempre loro (come in Italia, ma in forma assai più drammatica), i lavoratori. Il governo greco ha approvato questa notte il taglio di 15.000 dipendenti pubblici che si aggiunge ai circa 150.000 già tagliati negli ultimi due anni, del 22 per cento dei salari minimi e di 1,1 miliardi di euro nella spesa sanitaria. Misure che si aggiungono a quelle già prese dal precedente governo, come ad esempio una pesante tassazione sulla casa e a una deregulation del mercato del lavoro. La Grecia ha inoltre varato un piano di ristrutturazione del debito con il taglio nominale del 50 per cento dei titoli. Complessivamente, in cambio di queste misure, arriveranno finanziamenti per ridurre il debito di 120 miliardi di euro subito e di circa 130 in un secondo momento. A tutto questo si aggiunga che il ricatto di Francia e Germania prevede che, mentre si taglia il salario sociale e si licenziano i dipendenti pubblici e parapubblici, l’obbligo, da parte del governo greco, all’acquisto di armi per 12 miliardi di euro, il 3 per cento del pil.

Come potete capire, a fronte del salvataggio delle banche francesi e tedesche (che hanno contribuito a generare titoli tossici), si gettano nella disperazione milioni di famiglie che non hanno alcuna responsabilità se non quella di aver votato, per anni, una classe politica che ha nascosto i buchi di bilancio trovandosi in una situazione drammatica.

Il 20 marzo tutto sarà più chiaro. Se la Grecia non sarà in grado di restituire i primi 14 miliardi di euro sarà costretta a uscire dall’euro e a cominciare ad attuare la procedura di fallimento. Ad aprile, poi, ci saranno le elezioni. Il destino del popolo greco è nelle sue stesse mani. E non credo che continuerà a votare chi lo ha affamato.

E’ possibile un parallelo tra Italia e Grecia? Per il momento direi di no, quello che però è inquietante è la ricetta: Papandreu prima e Papademos ora stanno utilizzando gli stessi strumenti di Berlusconi e Monti: tasse sulla casa, deregulation del mondo del lavoro, blocco (per ora) degli stipendi, controriforma delle pensioni e così via. Il neoliberismo sfrenato dei governi delle banche fa pagare il prezzo della crisi solo al mondo dell’impresa e del lavoro, salvando i colpevoli: banche, assicurazioni, finanza.

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