Un atto coerente per evitare un riconoscimento puramente ideologico

La Ragioneria di Stato doveva verificare l’effettiva neutralità finanziaria della proposta di legge C 4207 a seguito del riconoscimento della lingua italiana dei segni (LIS).

La Ragioneria ha dato un parere positivo, ma strettamente vincolato ad una modifica che la XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati dovrebbe effettuare sul testo della proposta di legge.

Infatti, la Ragioneria, intuendo la pericolosità dell’onere economico derivante dall’approvazione della pdl C. 4207, scrive che “affinché la disposizione possa essere intesa come norma di carattere meramente programmatorio e quindi non comportante oneri a carico della finanza pubblica risulta necessario modificarla nel testo all’articolo 1 comma 1 dove recita “garantisce la lingua italiana dei segni” sostituendo con “favorisce la disponibilità della lingua italiana dei segni”

Questo cambiamento di scelta legislativa, sostanziata dalla modifica del verbo “garantire” in “favorire”, meno impegnativo nel garantire le risorse occorrenti, esprime pienamente la preoccupazione per spese impreviste per lo Stato.

Peraltro la Ragioneria di Stato non si addentra nel merito, anche perché risulta estremamente complesso tentare di delineare oneri non facilmente commensurabili; ma analizzando altresì gli articoli del testo della proposta di legge come sopra modificata, nega l’esistenza di nuovi oneri economici poiché riconosce che già oggi le norme in vigore prevedono tutti i servizi per i non udenti, compresa la lingua dei segni italiana (LIS).

Allora nasce spontanea la domanda: perché è necessaria una legge dello stato italiano per “riconoscere” la LIS se già lo Stato ne prevede e ne garantisce la fruizione nei fatti?

Perché un mezzo di comunicazione in stato di necessità dei non udenti deve diventare una lingua, anzi la lingua ufficiale dei non udenti?

Se questo mezzo è stato utile nel passato, quando nulla esisteva per aiutare le persone sorde, oggi non lo è più, in quanto la scienza medica e la tecnologia sono riuscite finalmente a dare un grande aiuto e ad assicurare un buon recupero uditivo funzionale all’acquisizione della parola; ed oggi, a maggior ragione, la lingua ufficiale dei non udenti è e deve essere l’italiano.

Appare perciò incomprensibile e contraddittoria la scelta di passare dall’utilizzo di un linguaggio al riconoscimento dello status di lingua, sostenendo in modo del tutto singolare che tale passaggio non produrrà nuove spese allorquando darà vita ad una “minoranza linguistica”, una comunità una cultura diversa.

Appare, di converso, chiaro che si sta perpetrando una inaccettabile discriminazione perché si tratta di una lingua e di una comunità fondata unicamente su una disabilità di alcuni cittadini (pochi per fortuna, lo 0,05% della popolazione), distribuiti casualmente su tutto il territorio nazionale, e che per il 95% nascono da genitori udenti.

Ribadiamo che il riconoscimento di una nuova lingua, come si vuole per la LIS, al di la di ogni sotterfugio o escamotage, è il riconoscimento di un nuovo istituto che necessariamente genererà nuove spese carico dello Stato.

Se la XII Commissione della Camera intende approvare la pdl C. 4207, allora INDIVIDUI COERENTEMENTE E CORRETTAMENTE L’AMMONTARE E LE VOCI DI SPESA E DI BILANCIO che la nuova legge inevitabilmente comporterà.

Se questa previsione finanziaria non dovesse essere fatta, risulterebbe ancor più evidente il subdolo tentativo di fare approvare una norma che avrebbe carattere puramente ideologico con conseguenze tristemente discriminatorie per le persone con disabilità uditiva, che verrebbero relegate in altra comunità, in altra “cultura”, assegnati forzatamente ad un’altra lingua e nazionalità diversa da quella dei loro genitori, della loro famiglia, del loro ambito sociale.


Comitato Nazionale Genitori Familiari Disabili Uditivi
referenti
Laura Brogelli
Cesarini Pibiri

comitatodisabili

http://comitatonazionalegenitorifamiliaridisabiliuditivi.wordpress.com/

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