Roma, 23 gennaio 2012. Il 30 novembre del 2011, con molto ritardo rispetto ai tempi previsti per legge, è stato approvato in Senato il disegno di legge comunitaria per il 2010. Tale ritardo è da collegarsi, sicuramente al lento e travagliato percorso del provvedimento in Aula, ma allo stesso tempo appare del tutto evidente quanto sia necessario riformare l’iter di approvazione della legge comunitaria ed in questo senso è auspicabile che il disegno di legge di riforma della legge n. 11 del 2005, attualmente in dirittura di arrivo presso la Commissione Affari Istituzionali del Senato, sia rapidamente approvato.Stante questa situazione non si può non rilevare come l’attuale disegno di legge in discussione contenga un elemento di grande novità e cioè che il termine della delega legislativa non coincida più con quello del recepimento fissato nelle singole direttive, ma che sia stato anticipato di due mesi. Con l’introduzione di questa novità il governo precedente ha tracciato una strada per evitare il rischio di procedure di infrazione per mancata attuazione delle direttive. Come è noto, infatti, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, vi è il rischio di incorrere in sanzione pecuniarie e, in questo modo, si è cercato di riparare gli eventuali danni economici per il nostro Paese.In questo campo appare del tutto evidente che non si possono attuare semplificazioni e che il ruolo del Parlamento, oltretutto in una fase particolare come questa, abbia una rilevanza eccezionale. E’ di fondamentale importanza conoscere in maniera approfondita il cammino che il Governo intende attuare nel recepimento delle direttive europee, cosa questa di cui a nessuno può sfuggire la valenza politica e che, riteniamo, il Governo saprà tenere nella giusta considerazione, tenendo conto del disegno di riforma della legge n. 11 del 2005 che mette, appunto, in grande evidenza il raccordo tra Parlamento e Governo nelle decisioni finali in materia di politiche europee. In questo senso va accolto con favore l’impegno del governo a presentare entro il prossimo 31 gennaio la legge comunitaria per il 2012, ciò consentirà un esame più approfondito e la possibilità per la Camera di approfondire gli aspetti programmatici e di avere un rendiconto esauriente sulle politiche comunitarie. E’ indubbio che l’Unione europea stia attraversando uno dei momenti più difficili a partire dalla sua esistenza ed è per questo che diventa determinante il ruolo parlamentare degli Stati membri in maniera tale da non fare ricadere sui cittadini decisione che spesso sono assenti o lontane dal dibattito interno e dagli interessi dei cittadini delle singole nazioni. Con la riforma si renderà possibile l’applicazione delle prerogative attribuite alle Camere dal trattato di Lisbona, richiamando in particolare i poteri delle stesse sul rispetto del principio di sussidiarietà, stabilendo che le decisioni per la revisione semplificata dei trattati nonché per il passaggio alla difesa comune siano approvate con legge, mentre per le decisioni del Consiglio europeo o del Consiglio dell'UE la cui entrata in vigore è subordinata dai Trattati alla preventiva approvazione degli Stati membri, è richiesta la previa deliberazione delle Camere. Inoltre, si rafforzerà la partecipazione delle regioni, delle provincie autonome e delle autonomie locali e vi sarà una maggiore partecipazione delle parti sociali e delle categorie produttive nella formazione degli atti dell’UE.Insomma, siamo di fronte ad un cambio di mentalità e partecipazione che non può che far bene allo sviluppo della comunità europea consentendo alle singole delegazioni parlamentari degli stati appartenenti all’unione di saper coniugare le esigenze generali dell’unione europea a quella dei singoli Stati.In tal senso, il lungo e positivo confronto tra le forze politiche sul provvedimento in essere non solo è stato positivo nel merito ma sicuramente propedeutico alla ricerca di una posizione comune su come modificare, con parere il più unanime possibile, l’iter dell’approvazione della legge comunitaria rendendo più partecipe e responsabile il Parlamento.
On. Antonio Razzi
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