A chi interessa un Avvocato così?

Isabella Maria Stoppani

Non è l’Europa a volere queste liberalizzazioni nelle professioni regolamentate.
E’ la Banca Centrale Europea, nella lettera al Presidente del Consiglio italiano del 5 Agosto 2011 a firma di Mario Draghi e Jean-Claude Trichet, che invita ad aumentare la concorrenza nei servizi, liberalizzando la fornitura dei servizi pubblici locali – “attraverso privatizzazioni su larga scala” – e dei servizi professionali.
Chi parla, quindi, non è né il Consiglio, né la Commissione, né, tantomeno, il Parlamento Europeo, il messaggio non riveste, quindi, carattere politico-amministrativo, ma unicamente economico e l’invito alla liberalizzazione dei servizi professionali viene collegato solo alle Professioni Intellettuali regolamentate ed a quelle, pur non intellettuali, ma comunque autonome (taxisti e commercianti, ad esempio).
Come al solito, si utilizzano termini in modo improprio e senza spiegarne il significato. In Europa, i servizi professionali, secondo l’analisi effettuata dalla Commissione Europea, sono infatti ben 8400 e fra questi, quelli regolamentati, sono oltre 800; non solo, quindi, le poche professioni intellettuali, ma anche, ad esempio, gli istruttori di snowboard.
Ribadendo quanto altrove già chiarito dalla Direttiva Europea 2005/36 relativamente alla definizione di professioni intellettuali (che non è stata oggetto, a tutt’oggi, di alcuna modifica, neppure nella proposta di modernizzazione della Direttiva Qualifiche Professionali della Commissione Europea), salta agli occhi un recente studio, commissionato dal Presidente Barroso al Professor Mario Monti, sullo stato di attuazione del Mercato Unico.
L’attuale Presidente del Consiglio ha messo in evidenza che nel settore dei Servizi Professionali, l’attuazione del Mercato Unico è ferma al 25/30% e che l’impegno in tal senso deve “garantire mobilità geografica dei lavoratori nel Mercato Unico”. D’altronde, se si riflette solo sulle Professioni Intellettuali, ed in particolare sull’Avvocatura, è evidente che non possono essere certo molti gli Avvocati Svedesi che desiderano venire a lavorare in Italia e gli Avvocati Italiani che possono trasferire la propria attività in Ungheria, sia per questioni di lingua, sia per le conoscenze specifiche che dovrebbero acquisire, cosa fattibile, ad esempio, per gli istruttori di snowboard.
L’Europa non si preoccupa (né potrebbe farlo), infatti, di allargare l’accesso alle professioni intellettuali regolamentate all’interno di uno Stato per i suoi cittadini non in possesso dei requisiti richiesti, ma di far rispettare a tutti gli Stati membri i principii dei Trattati che garantiscono la libera circolazione e il diritto di stabilimento dei cittadini europei negli Stati dell’Unione.
La Commissione stessa è ben consapevole di non avere il potere di abolire i requisiti d’accesso e di esercizio delle professioni regolamentate su base nazionale, in virtù della protezione di un interesse pubblico preminente, così come sa benissimo che le Professioni Intellettuali regolamentate (Ordini, Collegi od altro, come in Italia) non seguono, né potrebbero mai farlo, le regole del mercato.
Infatti, se è pur vero che nella suddivisione dei settori di attività economica, l’Europa inserisce l’esercizio delle professioni intellettuali nell’esercizio di impresa, riconosce che si tratta di un ambito in cui si applicano regole e principii propri, sotto l’egida della deontologia e che ad essi non si può applicare il principio del profitto, tipico delle imprese commerciali, né in modo assoluto, il principio di concorrenza (come ribadito, per quanto concerne gli Avvocati in particolare dal Parlamento Europeo e dalle Nazioni Unite).
Risulta evidente che, come al solito, l’Europa viene utilizzata come alibi, fondato sull’assoluta ignoranza nella quale i cittadini sono stati tenuti da sempre. Occorre chiedersi perché? Molti indizi convergono nel far ritenere che tale alibi serva per portare a compimento un disegno iniziato in Italia da molti anni e che si è manifestato in un primo momento con il decreto Bersani.
Mi sento Cassandra: avendo partecipato a tutti i tavoli politici di presentazione della riforma delle Professioni Intellettuali degli ultimi quindici anni da anni ho messo in evidenza il pericolo di un disegno che appariva chiaro fin dopo il fallimento della Commissione Vietti (2003) sulla riforma delle professioni intellettuali, il cui progetto escludeva la possibilità stessa di prevedere società di capitali, in particolare nell’esercizio dell’Avvocatura. Da allora è iniziato un percorso che ha portato alla pretesa di sottoporre il nostro codice deontologico al controllo dell’Antitrust, all’allargamento della pubblicità ed all’abolizione dei minimi tariffari, nonché, di recente, alla previsione delle società di capitali, dapprima a minoranza ed oggi, anche, a maggioranza di capitale, per l’esercizio di tutte le professioni intellettuali regolamentate, senza tenere in alcun conto le peculiarità della Professione Forense, al progetto di abolizione degli Ordini, alla Deontologia sottoposta alle Associazioni dei Consumatori.
Credo che oggi anche i Cittadini, pur vittime di un’univoca campagna stampa volta a delegittimare le professioni intellettuali, non possano non rendersi conto che l’abolizione dei minimi tariffari, pubblicizzata come strumento per farli pagare meno, sia servita solo ad aumentare i profitti di Banche ed Assicurazioni che, in tal modo, sono riuscite a pagare gli Avvocati meno delle collaboratrici domestiche, ma senza che tali risparmi abbiano minimamente diminuito il costo dei loro prodotti per i Consumatori (perché, invece, non si è ad esempio liberalizzato il settore dei Servizi Bancari ed Assicurativi che consentono, invece, ai Cittadini degli altri Stati Europei, sia residenti nel loro Territorio Nazionale, sia nel nostro, un abbattimento dei costi creando una concorrenza sfavorevole, in quanto a costi, ai nostri lavoratori? E perché le Banche e Assicurazioni estere non applicano nel nostro Territorio Nazionale le vantaggiose tariffe che applicano nel loro? In casi del genere non si fa “cartello”? E perché l’Antitrust non è intervenuto?).
Con la recente Legge di Stabilità, invece di fare quello che l’Europa non ha mai chiesto, si fa quindi un ulteriore regalo a Banche e Assicurazioni, a Confindustria, alle Mafie, prevedendo l’abolizione degli Ordini, forse dell’ Esame di Stato, etc. Al contrario la Commissione Europea ed anche il Parlamento si sono preoccupati moltissimo, nella modernizzazione della Direttiva 2005/36, in itinere, di impedire l’esercizio della Professione ai cd. “radiati”. Bene! Consentire l’ingresso nell’Ordinamento delle Società di Capitali, soprattutto con il controllo del capitale, serve, anche, a violare questo rigorosissimo limite! Basterebbe infatti che un avvocato radiato ma in possesso di capitali, magari riciclati in chissà quale modalità, costituisca una società, facendo lavorare dieci Avvocati dipendenti (magari spagnoli o rumeni), perché lo stesso eserciti di fatto la professione, pur non impegnando la propria firma.
Non si può a questo punto non ritornare a quanto affermato dal Parlamento Europeo nella risoluzione del 23 Marzo 2006 (evidentemente ignorata dal decreto Bersani, di pochi mesi successivo) sulle professioni legali, nella quale, vengono richiamati “i principi di base della Nazioni Unite” e la “Giurisprudenza della Corte di Giustizia della Comunità Europea”:
– l’indipendenza, l’assenza di conflitto di interessi e il segreto/confidenzialità professionale messi in pericolo dall’ingresso del capitale e da partenariati multidisciplinari con professionisti che non sono vincolati da Obblighi Professionali equivalenti
– la necessità di regolamenti a protezione di questi valori
– l’effettivo accesso a servizi legali forniti da una professione legale indipendente.
Ä– talmente evidente il disegno che si sta portando a compimento con questo Governo, i cui componenti sono espressione degli stessi poteri che vogliono occupare il settore dei servizi professionali intellettuali, pari ad oltre il 12% del P.I.L., che dalla già assolutamente illegittima previsione del Decreto di Stabilità di modifica delle normative relative alle leggi professionali tramite atti amministrativi, con palese violazione dei Principi Costituzionali e della Gerarchia delle Fonti del Diritto, si è arrivati addirittura alla previsione di abolizione di tali normative in caso non siano emanati tali atti entro l’Agosto 2012.
Non si sono mai forniti all’Europa i numeri dei professionisti intellettuali italiani; nessuno ricorda che gli avvocati francesi sono circa 58.000, quegli inglesi e tedeschi circa 100.000 e quegli italiani quasi 250.000. Cosa bisogna allargare? Qualcuno ha contestato che in Francia vi sia un doppio esame per diventare Avvocati? O qualcuno ha accusato la Germania di sottoporre l’ingresso a Magistratura e Avvocatura a due diversi esami di Stato che se falliti per due volte escludono per sempre il candidato dalla rispettive professioni? Nessuno, peraltro, ha mai contestato agli avvocati degli altri Stati europei di essere fra le cause principali della crisi economica né la BCE ha scritto agli altri 26 Stati Europei, anche a quelli che hanno accesso più ristretto e numeri ben più contenuti!
Purtroppo è evidente che in Italia si vuol giungere ad una nuova generazione di avvocati (ed ingegneri, architetti, etc.) considerati unicamente come dipendenti e consumatori. Per questo mi sento una Cassandra. Ho fatto presente per molto tempo e in tanti convegni tale rischio, senza che alcuna delle Istituzioni di Rappresentanza dell’Avvocatura – eccetto l’O.U.A. di De Tilla – abbia mai fatto alcunché per denunciare il progetto ed impedirlo!

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