Si impegna, ma può fare decisamente di più. E’ l’impressione che mi ha dato il governo Monti, almeno ascoltando la conferenza stampa in cui è stata illustrata la manovra approvata dal Consiglio dei ministri. Una manovra che sapevamo sarebbe stata dura, con sacrifici pesanti, ma che – era stato assicurato – sarebbe stata articolata all’interno del triangolo magico rigore-equità-crescita. Beh, fermo restando l’imprescindibile rigore, mi rimane la sensazione che si sarebbe sicuramente potuto e dovuto fare di più sia sul fronte dell’equità che su quello della crescita, anche se prima di decidere come comportarci voglio prima leggere bene il provvedimento, studiarlo, capirlo.
Non sono un economista, ma tra le tante misure presentate – alcune in modo chiaro, altre in maniera un po’ confusa – mi è sembrato infatti che vi siano sicuramente delle luci ma anche un po’ troppe ombre. Sia chiara una cosa: nessuno mette in discussione la drammaticità della situazione né la necessità di sacrifici e di decisioni anche fortemente impopolari, ma quando abbiamo votato la fiducia al governo l’abbiamo fatto dopo aver ascoltato in Parlamento il presidente Monti impegnarsi ad agire secondo una vera giustizia sociale. Ricordo ancora le parole del professore in Senato: “I sacrifici necessari per ridurre il debito e per far ripartire la crescita dovranno essere equi. Maggiore sarà l’equità, più accettabili saranno quei provvedimenti”.
Quella parola, equità, andava riempita di contenuti forti, andava tradotta in misure che chiedessero di più a chi più ha e in interventi che ristabilissero l’equilibrio tra la maggioranza che ha già dato tanto, e non può essere chiamata a dare ancora, e la minoranza che finora ha dato poco o nulla, imboscata com’è nella categoria dei furbi, in quella dei privilegiati o in quella degli intoccabili.
In questo senso dico subito e chiaramente che considero ingiusta la stretta sulle pensioni, soprattutto il blocco della rivalutazione sulle pensioni superiori ai 1000 euro. Aggiungo che non capisco e non condivido la decisione di limitarsi a un prelievo di appena l’1,5% sui capitali scudati, né capisco e condivido la decisione di introdurre la tracciabilità a partire solo dai 1.000 euro laddove si sarebbe potuto abbassarla almeno a 500 euro (gli studiosi pensano molto più congruo per la lotta alla evasione 300 euro). Mi sarei aspettato poi di più anche contro la corruzione, che vale almeno 60 miliardi di euro all’anno: da un governo di professori è legittimo aspettarsi di più. Avrei voluto una vera asta per l’assegnazione delle frequenze televisive, non il regalo previsto dal cosiddetto beauty contest voluto dal governo Berlusconi. Anche sui costi della politica non mi basta sapere dallo stesso Monti che si sarebbe potuto fare di più, avrei voluto che lo facesse subito, cominciando da quella che Di Pietro chiama la legge del buon esempio, anche se apprezzo la sua rinuncia alla indennità di presidente del Consiglio (avrà “solo” il trattamento da senatore a vita) e la trasparenza della pubblicità del patrimonio dei membri del governo.
Detto questo, attendiamo la manovra in Parlamento, per provare a migliorarla. Presenteremo emendamenti e proporremo correzioni, cercando di coniugare meglio rigore, equità e crescita. Dal governo ci aspettiamo che accetti il confronto, che ascolti le proposte. Come deve sempre accadere in una democrazia in cui le aule parlamentari devono tornare ad essere centrali per la vita del Paese