La manovra deve cambiare, altrimenti saremo costretti a prendere le distanze dal governo

Il presidente Monti ha presentato oggi alla Camera e al Senato la manovra varata ieri dal Consiglio dei ministri. Una manovra che non ci piace, perché avrebbe dovuto coniugare rigore, equità e crescita e invece non lo fa. Gli elementi di rigore ci sono senza ombra di dubbio, ci sono però solo impercettibili e assolutamente insufficienti segni di equità e vaghi elementi di sviluppo. Al presidente del Consiglio ho perciò detto chiaramente che bisogna cambiare il provvedimento in Parlamento, diversamente saremo costretti a prendere le distanze da un governo che abbiamo sostenuto e che vorremmo continuare a sostenere. Leggi di seguito il testo integrale del mio intervento in Aula

Signor Presidente del Senato,
Onorevole Presidente del Consiglio,
Colleghi senatori,
Componenti del Governo,

il Gruppo dell’Italia dei Valori è consapevole del lavoro che in una contingenza economico‑finanziaria terribile ella e il suo Esecutivo hanno compiuto, come lei ricordava, in pochi giorni, ma per le personalità che lo compongono questo non può costituire, né un problema, né un alibi.

La crisi internazionale epocale, aggravata da una inerzia preoccupante e dannosa di chi la ha preceduta, hanno dettato tempi e numeri di questa manovra, una manovra necessaria, urgente, complicata e impopolare, proprio come ci aveva preannunciato nel corso delle sue dichiarazioni programmatiche. Ricordiamo tutti le tre parole magiche: rigore, equità, crescita, che ci avevano subito destato qualche interrogativo su come lei e il suo Governo le avrebbero coniugate – o declinate, se preferisce – nell’immediato.

Non vi è dubbio che nella manovra presentata troviamo interventi di rigore e tanti prelievi – ricordo le pensioni – ma rileviamo impercettibili e assolutamente insufficienti segni di equità, mentre intravediamo soltanto in lontananza vaghi elementi di sviluppo. Le diciamo che come Italia dei Valori ci saremmo aspettati di più. Nessuno mette in discussione la drammaticità della situazione, né la necessità di sacrifici.

L’Italia dei Valori le ha votato la fiducia perché ella ha detto in quest’Aula che i sacrifici necessari per ridurre il debito e per far ripartire la crescita dovranno essere equi; maggiore sarà l’equità, più accettabili saranno quei provvedimenti. Quella parola, “equità”, che leggiamo e sentiamo non sempre a proposito, andava – e secondo noi ci sono ancora margini per pronunciarla senza ipocrisie – tradotta in misure che chiedessero di più a chi più ha e che prevedessero interventi che ristabilissero le distanze tra una maggioranza. che ha già dato tanto e che non può essere chiamata a dare ancora, e una minoranza, che finora ha dato poco o nulla e che troviamo imboscata nella categoria dei furbi, degli evasori, dei privilegiati, dei corrotti, in una parola, di coloro che finora sono stati intoccabili.

In questo senso penso che la stretta sulle pensioni, e mi riferisco anzitutto al blocco della rivalutazione, se rimarrà così, debba meritare più rimorso che emozione. Aggiungo che non capisco e non condivido la decisione di limitarsi ad un prelievo di appena l’1,5 per cento sui capitali scudati provenienti da esportazione illegale di valuta piuttosto che da attività illecite. Le ricordo, e ricordo agli italiani, che il reddito dei pensionati è tassato al 23 per cento mentre questi capitali verrebbero tassati al 6,5 per cento.

Non capisco e non condivido, intendo a nome del mio Gruppo e non a titolo personale, la decisione di prevedere la tracciabilità solo per operazioni a partire da 1.000 euro, mentre è evidente che la soglia deve essere molto più bassa: in tutte le manovre della scorsa estate e anche nelle successive, noi abbiamo proposto di portarla a 300 euro.

Mi sarei aspettato di più anche nella lotta alla corruzione, che può valere almeno 60 miliardi l’anno: si tratta di un dato che non viene da inguaribili e pericolosi barricaderos, bensì dalla Corte dei conti.

Avremmo voluto una vera asta per l’assegnazione delle frequenze televisive (non il regalo previsto dal cosiddetto beauty contest, tripudio del conflitto d’interessi), oltre a un taglio vero agli armamenti e alle spese militari.

Anche sui costi della politica, Presidente, ci aspettavamo di più; gli italiani si aspettano di più. Certo, ha messo mano alle Province con una norma che dà il senso della buona volontà, ma che mi appare particolarmente farraginosa e che, nonostante ciò, noi consideriamo una piccola apertura di credito.

Come era prevedibile, i mercati hanno risposto positivamente ad interventi ritenuti davvero impressionanti. Adesso non basta però, Presidente, salvare la credibilità internazionale del nostro Paese; non basta tornare con autorevolezza – glielo riconosciamo – nelle cancellerie europee ed internazionali. Bisogna cambiare questa manovra e noi le chiederemo di farlo alla luce del sole, con le prerogative che al Parlamento vengono riservate. Noi abbiamo cortesemente declinato i suoi inviti perché riteniamo che questo sia il momento, in Parlamento, di esprimere le nostre valutazioni e le nostre proposte, e farlo per incidere e non per fare ostruzionismo.

Presidente, noi riteniamo che non sia il caso di chiedere la fiducia, anche se leggiamo nelle agenzie di qualche minuto fa che molti leader chiedono che il dibattito venga sottratto al Parlamento. «Ha da passa’ ‘a nuttata» diceva un suo collega illustre, senatore a vita Edoardo de Filippo, ma lo diceva sapendo che dobbiamo trovare una Nazione unita, un popolo orgoglioso e le istituzioni rinvigorite. Allora, se il Parlamento deve continuare a rimanere centrale, la prego e la invito a cambiare la manovra che, se fatta così, ci costringerebbe a prendere le distanze da un Governo che abbiamo sostenuto e che riteniamo debba continuare un lavoro positivo nell’interesse del Paese.

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