Mi aspetto, anzi sono convinto, che il governo Monti leggerà per bene l’ultimo rapporto Censis sulla situazione socio-economica dell’Italia prima di scrivere i testi definitivi dei provvedimenti che porterà in Parlamento. Numeri e statistiche raccontano di un Paese fragile, sfiduciato e sempre più povero, in cui aumentano le disuguaglianze e manca il lavoro, con dati impressionanti soprattutto tra i giovani. Un Paese che si sente prigioniero della grande finanza e che ha sempre meno fiducia nella classe politica.
Tra tante ombre c’è però anche qualche raggio di luce, che riporta un po’ d’ottimismo: il Censis stima che il 57,3 per cento degli italiani sono pronti a fare sacrifici per il Paese. A patto, aggiungo io, di non essere però sempre gli stessi a farli. C’è, insomma, la consapevolezza che in un momento difficilissimo bisogna accettare anche provvedimenti duri e questo è un patrimonio che va difeso e valorizzato. Come? Rispettando l’impegno che Monti ha assunto quando ha accettato di guidare il nuovo governo, ovvero quello di coniugare rigore, equità e crescita.
Sono le tre parole magiche da cui non si può in nessun caso prescindere, quelle per cui anche noi dell’Italia dei Valori abbiamo votato la fiducia al governo e quelle su cui ne misureremo la credibilità. E’ in arrivo una manovra da 20 miliardi, deve essere una manovra equa e socialmente giusta: da qui non si sfugge. Ogni tentativo di spacciare per necessari i sacrifici dei soliti noti, lasciando al contempo intatti i privilegi degli altri soliti noti, decreterà il fallimento di Monti.
Valuteremo i provvedimenti del governo quando verranno esaminati nelle Commissioni e in Aula, ma con la massima chiarezza diciamo fin d’ora che non voteremo mai misure che spremano ancora una volta i lavoratori, che colpiscano le pensioni di chi ha versato i contributi per quarant’anni. Per far cassa ci sono tante altre strade, le abbiamo indicate tante volte ma lo faccio ancora: tagli ai costi della politica, abolizione delle Province, forte tassazione delle rendite finanziarie, contributo di solidarietà di almeno il 10% sui capitali scudati, riduzione delle spese militari, dismissione a prezzi di mercato del patrimonio pubblico con eccezione dei beni artistici, archeologici e storici, lotta seria all’evasione fiscale, che da sola vale oltre 100 miliardi di euro all’anno, e alla corruzione, che pesa come una tassa occulta di 60 miliardi di euro annui.
Così si possono raddrizzare i conti pubblici nel segno di una imprescindibile giustizia sociale, così la politica – anche se travestita da governo tecnico – può recuperare il rapporto di fiducia perso con gli italiani. Quindi rigore sì ma mai senza equità. A Monti l’abbiamo già detto e ridetto, ora l’aspettiamo alla prova dei fatti. Senza pregiudizi ma pronti a dare battaglia se non terrà fede fino in fondo alla parola data agli italiani.