Impegniamoci contro la pena di morte, una barbarie medievale

Il 30 novembre 1786 il Granducato di Toscana varò il suo nuovo codice penale e fu il primo Stato al mondo ad abolire la pena di morte (oltre ai reati di tortura, di confisca dei beni e di lesa maestà). Da allora sono passati 225 anni ma l’omicidio di Stato è ancora vigente in 58 Paesi, tra cui i civilissimi Stati Uniti (che non a caso, per questo motivo, sono nel libro nero di Amnesty International). Altri 34 mantengono in vigore la pena di morte nel proprio codice penale ma da almeno 10 anni non eseguono condanne, mentre in 96 Stati, tra cui l’Italia, questo abnorme strumento di punizione è stato abolito per ogni reato.

Nel nostro Paese il ripudio della pena di morte è scolpito nella Costituzione, restava per i reati militari di guerra ma è stata abrogata anche per questi nel 2007. L’ultima esecuzione di una condanna a morte in Italia avvenne il 3 marzo 1947, pochi mesi prima dell’entrata in vigore della Carta.

Ricordando la svolta del Granducato di Toscana, il 30 novembre viene celebrata la giornata internazionale delle “Città per la Vita, Città contro la Pena di morte”. L’iniziativa, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio e sostenuta dalle principali associazioni internazionali per i diritti umani, ha avuto quest’anno l’adesione di oltre 1.400 città in 87 Paesi diversi, ben 500 in Italia.

Io sono stato questa mattina a Napoli, nella splendida cornice della sala dei Baroni al Maschio Angioino, a parlare a una platea composta prevalentemente di studenti. Ho ricordato come l’Italia abbia più volte chiesto all’Onu una moratoria mondiale della pena di morte e come, nel 2007, questa sia stata addirittura votata e accolta dalle Nazioni Unite. Ma ha funzionato poco, perché da allora le cose non sono cambiate di molto. Ben 58 Paesi, infatti, continuano a mantenere e eseguire la pena di morte come tragico strumento di condanna.

Sia il mio partito che io personalmente siamo pronti a un impegno in campo internazionale, al fianco delle principali associazioni, perché le battaglie civili fanno parte della nostra coscienza di donne e di uomini responsabili: lo Stato non può commetterre un omicidio travestito da atto legale.

Lo strumento che, a mio parere, è il più utile per fermare questa barbarie è la raccolta di firme. In passato siamo arrivati a 10 milioni nel mondo, sembrano una goccia rispetto ai sette miliardi di abitanti del pianeta ma, se ci pensate, sono un numero impressionante. Se riusciamo almeno a ripeterlo e a denunciare l’assurda crudeltà della pena di morte, forse un giorno potremo debellare una volta per tutta questo terribile retaggio medievale.

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