di Emanuele Rigitano
Il nuovo ministro dell'Ambiente Corrado Clini apre al nucleare nonostante 27 milioni di no al referendum di giugno
– A sole 24 ore dal Giuramento, che ha permesso l’inizio dell’esecutivo Monti, l’appena nominato ministro dell’Ambiente Corrado Clini comincia già a delineare le sue discutibili posizioni su alcune delle più importanti questioni legate all’ambiente. Durante la trasmissione radiofonica “Un giorno da pecora” di Radio 2, Clini ha guardato con favore agli Ogm (non per uso alimentare). Del ponte sullo Stretto di Messina ha detto «è un’opera di ingegneria bellissima», pur chiedendosi se fosse una priorità.
Ma la notizia che fa più scalpore è la sua apertura al nucleare. «Il ritorno al nucleare è un’opzione sulla quale bisognerebbe riflettere molto, anche se quello che è avvenuto in Giappone ha scoraggiato. Però di base la tecnologia nucleare rimane ancora, a livello globale, una delle tecnologie chiave. Quindi sì a certe condizioni». Le parole di Clini saranno base di una forte polemica, non tanto per la linea di continuità con il suo predecessore Stefania Prestigiacomo, bensì perché questa posizione sembra dimenticare cosa è successo pochi mesi fa.
«Dispiace dover essere noi a ricordare al neo ministro dell'Ambiente Corrado Clini che lo scorso 12 e 13 di giugno 27 milioni di italiani, attraverso un referendum, hanno detto no al ritorno del nucleare in Italia. Si tratta di una espressione chiara ed inequivocabile, espressa attraverso un istituto costituzionale che non può essere né ignorato né aggirato». Ha subito ricordato il Presidente nazionale dei Verdi Angelo Bonelli. Che ha voluto subito chiarire un punto: «Se in materia energetica il neo ministro dell'Ambiente intende riaprire il dibattito 'nucleare Sì' o 'nucleare No' si parte con il piede sbagliato. L'esito del referendum del 12 e 13 giugno va rispettato a partire da chi rappresenta la Repubblica nelle istituzioni».
I Verdi propongono all’esponente del governo Monti di dedicarsi ad altre questioni. «Invitiamo il ministro Clini a dedicarsi ad un Piano nazionale per l'efficienza ed il risparmio energetico e per riparare ai danni prodotti dal decreto Romani sul Conto energia che hanno affossato il settore delle energie rinnovabili in cui l'Italia deve essere protagonista».