“Qualunquemente e infattamente” mi dimetto.

Per dirla come Cetto La Qualunque il Presidente del Consiglio si è “infattamente” dimesso, consegnando il proprio mandato nelle mani del Capo dello Stato Giorgio Napolitano. Il premier in un video messaggio in stile natalizio ha accusato pesantemente i poteri forti, che a suo dire sono i veri responsabili che lo hanno costretto al gesto finale. Qualcuno avrebbe preferito un finale diverso, considerando questo scenario ‘inaspettato’ come un sovvertimento delle regole democratiche e della volontà del popolo. Sono in molti a dire tra le fila del PDL che questo governo “Monti” non è stato eletto dal popolo, ma considerando l’attuale legge elettorale, neanche i componenti del governo Berlusconi sono stati scelti dagli italiani, in quanto non c’è stata possibilità di esprimere nessuna preferenza. Le regole democratiche in realtà sono già state sovvertite da tempo, il Parlamento che ci ha rappresentati fino a ieri e che purtroppo continuerà a farlo ancora per un po’ non è composto da personalità scelte da noi, pertanto, a conti fatti, la volontà del popolo è stata messa da parte 18 anni fa, quando è iniziato il bombardamento mediatico dell’azzurra libertà. Il guaio è che la politica dal 1994 ad oggi ha vissuto una dinamica fatta solo di Berlusconismo o Antiberlusconismo, come una sorta di sindrome di Stoccolma. Le dimissioni di Berlusconi, per altro avvenute solo dopo aver dato un occhiata alle quotazioni in borsa delle sue aziende, sono l'esito della delusione sociale e dell'implosione politica prodotte da egli stesso. L'ottimismo come ideologia, la vita esagerata fra residenze private trasformate in sedi pubbliche e ruoli pubblici usati a fini privati, lo hanno reso impopolare. Tutto ha funzionato a rovescio, anche la sua strategia di immagine promossa incessantemente attraverso il marketing e i media. E cosi, come in un romanzo d’appendice, il leader “sogno degli italiani”, il presidente delle avvenenti donne disponibili è capitolato nel modo peggiore, proprio come in quell’immagine noir di Berlusconi-Moretti che esce di scena chiudendo il film “Il caimano” con le luci della rivolta popolare sullo sfondo. Ora il paese attende un cambio di marcia che vada verso quell’equità sociale tanto decantata quanto ignorata nel tempo. Adesso l’Italia attende un rinnovamento del sistema politico, che sia in grado di dare risposte all’emergenza e che sia in grado di fare le giuste riforme per dare quella stabilità politica così ambita. In tempo di crisi tutto è divenuto insopportabile per la “gente comune”, stanca ormai di sentire i politici professare la politica del “fare” e vedere la politica del “non mantenere”. Stanca oltremodo di un governo che ha resistito a colpi di “fiducia” che alimentavano, in realtà, una “sfiducia”, dentro e fuori il Parlamento. La maggioranza stessa, d'altronde, è divenuta, nel corso della legislatura, multiforme e fluente. Rendendo lo stesso governo, come lo stesso Premier, ostaggi di tanti “piccoli ricatti”. Alla fine, per fortuna, è intervenuto il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha preso in mano la situazione nel momento in cui si è reso conto che il Presidente del Consiglio si era asserragliato a Palazzo Chigi in perfetto stile Gheddafi.
Ciò gli ha consentito di orientare la crisi, scegliendo una figura istituzionale dotata del maggior grado di fiducia, sia presso gli elettori che nell’ambito dei mercati internazionali, allontanando le elezioni anticipate che avrebbero lasciato per mesi il Paese senza risposte all'emergenza, in preda a conflitti laceranti. Napolitano in questa occasione ha sostenuto (e imposto) un governo tecnico, a largo sostegno parlamentare esterno ed estraneo alle pressioni dei politici e dell'opinione pubblica. Un governo in grado di redigere, e soprattutto realizzare, quei provvedimenti volti a riportare fiducia e soprattutto dignità a questa nazione, che per molti anni è stata il teatrino del mondo. Quindi adesso non ci resta che aspettare e soprattutto sperare.

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