L’impero della ‘ndrangheta – Biagio Simonetta

Negroponte disse che Internet diventerà come l'aria che respiriamo. Non ci accorgeremo più della sua presenza. La 'ndrangheta è già come l'aria. E' ovunque, ma non la vediamo, e chi se ne accorge, quasi sempre, si volta dall'altra parte. La 'ndrangheta è la prima associazione di affari in Italia, con una stima di 75 miliardi di euro annui esentasse. Un primato forse mondiale. Può comprarsi ciò che vuole, aziende, quote azionarie, consigli di amministrazione, giornali. E, forse, lo ha già fatto.

Intervista a Biagio Simonetta autore di Faide:

’Ndrangheta è emigrazione (espandi | comprimi)
Ciao a tutti gli amici del blog di Grillo, sono Biagio Simonetta, ho 30 anni e sono uno scrittore calabrese. Questo è il mio libro, si chiama “Faide, l’impero della ’ndrangheta”. Perché un libro sulla ’ndrangheta? Perché il fenomeno della criminalità organizzata che ha devastato e continua a devastare la terra in cui sono cresciuto, troppo spesso non trova spazio nel giornalismo e quindi la letteratura può essere l’alternativa.
Per parlare di ’ndrangheta potrei stare qui due giorni a raccontarvi episodi. Preferisco parlarvi di ’ndrangheta in quattro fasi salienti: l’emigrazione forzata; l’internazionalizzazione della ’ndrangheta (cioè la ‘ndrangheta in Lombardia, in Germania e nel resto del mondo); il Porto di Gioia Tauro; le morti innocenti.
La Calabria è una delle regioni con il più alto tasso di morti ammazzati in Europa. Negli ultimi tre mesi, da giugno a settembre, hanno ammazzato 15 persone. Sono numeri che rendono ridicoli i numeri delle morti italiane in Afghanistan. Eppure sui giornali restano notizie brevi, o per gli addetti ai lavori. Troppo spesso i giornalisti in Calabria non hanno neanche il tempo di approfondire un omicidio che devono dedicarsi a una nuova vittima.
Ci sono due aspetti direttamente correlati: la ’ndrangheta e l’emigrazione. La ’ndrangheta vuol dire emigrazione. I giovani della mia terra vanno via, quasi rimbalzati fuori da una realtà che non può appartenergli. Emigrano i dottori, emigrano i professionisti, cercano di farsi una vita altrove, perché la difficoltà di vivere in Calabria non può essere nascosta. Sin da piccolo sono stato abituato a sentire parlare di emigrazione. Dalle mie parti una frase come “quello si è fatto 20 anni di Germania” la puoi sentire spesso anche entrando in un bar. E le parole sono importanti, perché farsi la Germania è quasi come farsi il carcere. Perché “farsi” è un termine che vuole dire in qualche modo sacrificio, sofferenza. L’emigrazione è anche questo.
Un recente rapporto parla dell'esodo di massa degli italiani all’estero. Addirittura l’Italia è la seconda nazione nella Comunità europea per numero di emigrati, questo si deve soprattutto alle regioni del Sud, parlo di Calabria, Campania, Sicilia, dove darsi un’altra chance spesso vuol dire partire. Nella mia terra c’è una disoccupazione giovanile che sfiora il 70%: i ragazzi si adeguano a precariato, lavoro nero. Oppure ci si arruola. Ci si arruola nei clan o nell’esercito. E’ importante per esempio verificare quanti morti italiani in Afghanistan sono del Sud e quanti del Nord. Questo dà un quadro chiaro di un federalismo che probabilmente già esiste. Il Corriere della Sera tempo fa pubblicò la mappa delle morti italiane in Afghanistan, il Sud era un inferno di punti rossi. Questo è dovuto a questa disoccupazione fortissima: un giovane che non riesce a trovare un’alternativa spesso finisce nell’esercito. Oppure capita di finire in un altro esercito, quello dei clan. Parlo di esercito perché per me ’ndrangheta è guerra. Lo so che è una terminologia un po’ forte, però in un posto dove muoiono 50/60/100 persone ammazzate in un anno non si può parlare d’altro che di guerra. Se passasse questo messaggio, se dicessero tutti quanti che in Calabria c’è la guerra, forse la ’ndrangheta e tutte le altre organizzazioni criminali che devastano il Sud verrebbero affrontate in modo diverso.

Mi è capitato spesso, lavorando in un giornale, in Calabria, di ascoltare critiche verso chi parla di ’ndrangheta. Verso chi la racconta, chi ne scrive in un libro, o su un giornale. Perché anche i calabresi onesti, forse inconsciamente, per amore verso la loro terra, reagiscono a volte in modo sbagliato a questo tipo di notizie. Mi hanno detto spesso: “sì la ’ndrangheta esiste ma c’è sempre stata, non è un vero problema”, oppure “no, ma quale ‘ndrangheta, la ’ndrangheta è dappertutto, la mafia siete voi giornalisti, voi scrittori”. Questa è una reazione molto frequente, dovuta soprattutto al non voler affrontare il problema, ma allo stesso tempo genera un altro effetto che è di voler dire a chi ne scrive di non scrivere più. E’ un invito indiretto a non scrivere più di certi argomenti.
Vittime innocenti (espandi | comprimi)
Penso che un aspetto importante sia quello di considerare la ’ndrangheta come fenomeno internazionale e non più calabrese. I numeri delle inchieste recenti in Lombardia sono spaventosi. In Lombardia ci sono 16 locali di ‘ndrangheta, quando ho sfogliato l’ordinanza del processo “Infinito” mi sono reso conto che non c’è poi troppa differenza tra la mia terra e la Lombardia, dove adesso vivo.

Ci sono 16 locali di ’ndrangheta e ci sono 500 persone, secondo il Procuratore Boccassini, che appartengono ai clan e si muovono in Lombardia: molto spesso hanno accento lombardo, non parlano più calabrese, magari in Calabria non ci sono neanche nati perché figli di emigrati oppure sono persone che hanno trovato appoggio nella criminalità organizzata calabrese proprio qui in Lombardia. In Germania ci sono stato un anno dopo la strage di Duisburg, per raccontare quell’anniversario. Ero curioso di capire come la città tedesca avesse metabolizzato quell’episodio. Quello che mi ha stupito è la totale assenza di cognizione da parte dei tedeschi. Ho chiesto a un poliziotto dove si trovasse il locale “Da Bruno” dove è stata compiuta la strage, mi ha risposto con ironia parlandomi del luogo della pistola. Per loro la ’ndrangheta è un fenomeno folcloristico, non sanno neanche che invece è lì che i clan calabresi investono anche in borsa, costruiscono i loro palazzi, hanno in mano il mercato internazionale degli stupefacenti.
Il Porto di Gioia Tauro secondo alcuni è nato esclusivamente per il traffico della cocaina. Non so se è vero, però sicuramente è vero che al porto di Gioia ci sono sequestri ingenti di cocaina. Numeri che rendono ridicoli i sequestri che avvengono in Lombardia. L’altro giorno in Lombardia hanno sequestrato 54 chili di cocaina, sembrava un evento. Al Porto di Gioia ne hanno sequestrate fino a 10 tonnellate, a volte. E’ una zona franca dove arriva di tutto. Alcune inchieste hanno confermato che far approdare in Italia sostanze stupefacenti, oppure materiale illegale, non è molto difficile.
Quante volte hanno detto che alla fine la ’ndrangheta è un fenomeno che riguarda solo chi è direttamente coinvolto. Penso che sia sbagliatissimo e approfitto di questo spazio che Beppe ha deciso di darmi sul suo blog per ricordare un ragazzino di 11 anni: Domenico Gabriele, “Dodò”, di Crotone, è morto qualche anno fa, mentre giocava a calcetto. La sua storia la racconto dentro “Faide”: Domenico era un ragazzo come tanti, un ragazzo di Crotone che pensava al pallone e sognava Alessandro Del Piero. Giocava nello stesso campo nel quale in quel momento stava giocando un obiettivo dei killer hanno sparato, hanno fatto fuoco, hanno ferito 11 persone, tra le quali Domenico, che dopo tre mesi di agonia in ospedale è morto. Aveva 11 anni e Domenico con la ’ndrangheta non c’entrava niente.

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