LA RIFLESSIONE

Tra poche settimane, anche il 2011 sarà storia di ieri. I dodici mesi che stanno per terminare sono stati molto complessi per la realtà socio/politica nazionale ed hanno focalizzato il quinto anno di crisi economica interna ed internazionale. Anche se, almeno riteniamo, che il tramonto prematuro dell’attuale Esecutivo resti una soluzione più paventata che reale, le perplessità per il nostro futuro ci sono ancora tutte. Fare una sorta di consuntivo dell’anno che è in procinto di lasciarci non è fattibile; ma restano espressivi i parametri di quello che lo ha preceduto. Il costo della vita è aumentato e l’indice d’occupazione è stato a scendere. Quindi, anche per il 2011, l’obiettivo occupazione, soprattutto stabile, non sarà minimamente raggiunto. Del resto, la piccola e media industria è sempre in crisi ed i cicli produttivi tendono a rimanere contenuti. Certo è che anche quest’anno si chiuderà con una flessione dei posti di lavoro; pur se nella media delle proiezioni UE. Se l’anno che stiamo per lasciarci alle spalle non è stato benevolo, il prossimo presenterà certamente altri focolai d’attrito tra le forse sociali e gli imprenditori. Dopo le prese di posizione governative, si dovrà trovare una nuova piattaforma di discussione sul costo del lavoro, una nuova ragione per ribilanciare il potere d’acquisto dei salari. Per ora, c’è solo la disponibilità per una trattativa ad ampio raggio che, però, non garantisce l’indispensabile unità d’interventi. Eppure, non è solo il fronte occupazionale ad essere coinvolto. Stiamo vivendo in un regime di ristrettezza economica impensabile e, forse, anche improponibile ai tempi della Prima Repubblica. La manovra del Governo Berlusconi, pur avendo ottenuto il placet del Parlamento, ha mostrato solo un degli aspetti della sua variegata complessità. Essa non è stata solamente una prova d’equilibrismo politico, ma anche la prova evidente di un deterioramento della situazione economica nazionale che sembra avere radici lontane. Dietro questa realtà, c’è un Paese, profondamente maturato, che chiede un momento di concreta riflessione prima d’assumere altre decisioni che potrebbero aumentare l’impopolarità dei politici in carriera. Di fatto, però, certe posizioni dovranno essere palesate; nonostante l’attrito tra PdL e Lega Nord. I tempi per evitare guai peggiori restano, dunque, brevissimi. Se si arriverà alla primavera del 2013 con l’attuale Legislatura, i cicli produttivi dovranno essere incrementati per favorire l’aumento dell’occupazione. Anche se, a nostro avviso, la manovra che è stata varata appare sbilanciata e, di conseguenza, solo parzialmente idonea alla bisogna. Per frenare la china, sarebbero indispensabili molti più posti di lavoro. Almeno il 20% in più di quelli che risultano in essere. Il lavoro a progetto dovrebbe, almeno, essere rivisitato con concrete prospettive per renderlo definitivo. In quest’atmosfera d’incertezza, sono aumentate le tensioni sociali e la percentuale di coloro che hanno perso il lavoro resta a quota 8. Valore ancora troppo elevato per poterci consentire meno pessimistiche sensazioni. Sotto questo profilo, i senza lavoro (compresi coloro che sono alla ricerca di una prima occupazione) sono milioni e la tendenza è a crescere. Pur dovendo rendere conto all’Europa, mancano sempre dei parametri nazionali sui quali poter contare. Col 2012, la concertazione, come l’abbiamo conosciuta per il passato, non servirà più a nulla. Potrebbe tornare il triste dialogo tra chi non intende sentire. Col nuovo anno, con gran responsabilità da parte di tutti, i Partiti dovrebbero farsi carico, oltre le polemiche di squadra, delle carenze d’Italia. Sperare solo in una soluzione politica del problema non sarebbe, in ogni caso, sufficiente. Per evitare un nuovo declassamento, con tutte le possibili conseguenze, c’è da essere coerenti. Prima il futuro del Paese; poi il resto.

Giorgio Brignola

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