Fiorani affidato ai servizi sociali a casa di Lele Mora?

Se si sommassero le teoriche condanne del banchiere Gianpiero Fiorani in tre processi, sfiorerebbero gli 8 anni e mezzo: 3 anni e 3 mesi patteggiati in via definitiva a Milano nell'inchiesta Antonveneta per i reati di associazione a delinquere, truffa e appropriazione indebita; 3 anni e 6 mesi in appello a Lodi per falso in bilancio; 1 anno e 8 mesi in primo grado, in continuazione con il patteggiamento, per aggiotaggio nella scalata Antonveneta. E quasi 5 anni sono quelli che l'ex numero uno della ex Banca Popolare di Lodi rischia in altri due dibattimenti ancora aperti: 3 anni e 6 mesi chiesti per concorso nella bancarotta Hdc, e un anno e 3 mesi proposti per aggiotaggio nella scalata Bnl-Unipol in continuazione con il patteggiamento. Ma un'accorta navigazione difensiva nelle pieghe delle norme sull'esecuzione delle pene fa sì che Fiorani, dopo i 6 mesi in custodia cautelare a cavallo tra 2005 e 2006, in carcere possa sperare di non mettere più piede.
Con un provvedimento che reca la data del 30 settembre, infatti, il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha accolto la richiesta di affidamento in prova ai servizi sociali, con «impegno a un progetto di volontariato presso una comunità» di recupero di tossicodipendenti.
I giudici Gandini-Ceffa-Galliena-Cesaris per giustificarne l’ammissione richiamano la relazione dell'Ufficio esecuzione penale esterna: Fiorani vi appare come una persona alla quale «la vicenda penale ha procurato vissuti di sofferenza e difficoltà», e che «ricorda l'esperienza carceraria come un momento duro e difficile vissuto in solitudine». «Aperto e collaborativo», il banchiere «riferisce di aver trovato nella famiglia un valido aiuto, grazie al quale sta tornando a vivere un'esistenza normale»
Quando era in attesa del processo le cronache estive si sono spesse occupate di lui. Ecco cosa riportavano:
“Pantaloni gialli, polo rossa, mocassini blu, un uomo distribuisce mezzi sorrisi al bar Glamour, cuore della piazzetta all'ora dell'aperitivo: è Gianpiero Fiorani, un tempo non remoto fra i banchieri più potenti d'Italia, disinvoltamente transitato dalle stanze discrete e ovattate dell'alta finanza — previo intermezzo a San Vittore — ai palcoscenici by night in Costa Smeralda, infine approdato ai separé del Billionaire e al sofà di Lele Mora. Ormai a suo agio fra giovanottoni di belle speranze, probabili illusioni e aspiranti veline.
Ed ecco Fiorani scatenato offrirsi in posedisinvolte ai paparazzi, conquistare non più banche ma pagine e pagine dei rotocalchi rosa. I settimanali Chi e Oggi lo propongono ovunque: al Billionaire, barba e abbigliamento casual, in un duetto canoro con Ramona Badescu; e poi, sempre nel locale di Flavio Briatore, a cena con Naike Rivelli(figlia di Ornella Muti) e altri amici del clan di Lele Mora, presente anche Algen Nikolla, fidanzato di Naike.
Il quale pare non aver gradito — annotano le cronache di Chi — e dopo che l'ex banchiere e l'attrice si erano appartati nel privé ha guadagnato l'uscita rientrando a casa con il primo volo. (Si è perduto i giochini del giorno dopo: a villa Mora abbracci, carezze rubate, sguardi complici). Della memorabile notte rimane qualche immagine: Fioranicon Naike sulle ginocchia.
Silvio Berlusconi e le cinque «stagiste» sorpresi in primavera a villa Certosa hanno fatto scuola. E la moglie? La signora Gloria Fiorani Sangalli non si è vista né fatta sentire. Già dopo l'arresto (dicembre 2005) aveva misurato le parole: «Non riesco a perdonarlo. La sua colpa? Essere finanziariamente troppo svelto». I gossip della Costa riferiscono di un Fiorani dichiaratamente single; a un dopocena nella villa di Lele Mora, si sussurrava: «Lui dice che lei lo ha lasciato».
Le notti allegre hanno comunque ritemprato Fiorani: non è più cupo, silenzioso né depresso. Associazione a delinquere, aggiotaggio, truffa? «Ne uscirà» è la parola d'ordine del clan Mora:
ognuno pensa ai suoi guai. Nei momenti di relax sta a Villa Alberta, due piani, immersa fra ginepri, cisto e lentischio, sulla collina che degrada verso il campo di golf del Pevero e si affaccia sulla baia di Cala di Volpe, sullo sfondo l'isola di Tavolara.
La villa — valore più di 5 milioni: pagati parte in nero e parte con un mutuo concesso dalla Popolare di Lodi quando Fiorani era già in carcere — è fra le proprietà acquistate con fondi del conto cifrato Gattuccio e di società (Giorni Sereni, Immobiliare finanziaria lodigiana) finite nel mirino dei magistrati, controllate da prestanome e poi amministrate anche dalla signora Gloria: ma Fiorani l'ha blindata, insieme con appartamenti, box e ville in campagna a Lodi, in un fondo superprotetto e qualche mese fa ha ceduto tutto al più grande dei tre figli, Matteo, che aveva appena compiuto 18 anni.
Ma a Villa Alberta spesso le luci sono spente, Gianpiero Fiorani ci sta pochissimo. È quasi sempre ospite di Lele Mora, nella megavilla di Cala Granu: «Adora cantare, è bravo, ama Gino Paoli, la Pausini e Renato Zero — così Mora parla dell'amico —, lo conosco da 10 anni, che male c'è se si fa un po' di sana baldoria?». Giovedì scorso inconsueto show sui sofà bianchissimi dell'anfitrione Lele. Tutti davanti a un megaschermo tv, in diretta Fabrizio Corona a Matrix parlava di Vallettopoli. Alla fine un brindisi (proprio Fiorani ha stappato una bottiglia di Porto) e un applauso: «Bravo Fabrizio».
Ma davvero un uomo del genere aveva diritto ad assere ammesso al beneficio dell’affidamento ai servizi sociali in luogo del “giusto” carcere.
Se proprio, visto ciò che è poi successo a Lele Mora, mandiamolo ai servizi sociali a casa sua (cioè in galera): così avrà qualcuno da redimere. Oppure aspettiamo che anche lui sia affidato ai servizi sociali e poi mandiamoceli insieme.

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