Peppino Impastato e Mafiopoli, una storia italiana

Loredana Biffo

In un momento così difficile della storia del nostro Paese, in uno scacchiere politico così pervaso dalla corruzione, sia a livello politico locale che nazionale, che vede collusioni e associazione di stampo mafioso, con clientele parassitarie e truffaldine e nepotiste, come già sosteneva Peppino Impastato, è fondamentale che quel luogo in cui il giornalista fu barbaramente assassinato perchè aveva osato sfidare la mafia, divenga un simbolo per l' Italia intera.

Sabato 1 ottobre 2011, si è tenuta presso il Comune di Cinisi in provincia di Palermo, una conferenza stampa e relativa visita al casolare dove nella notte tra l' 8 e il 9 maggio 1978, vennero trovati sui binari della ferrovia Palermo-Trapani, i resti di Peppino Impastato, giornalista siciliano ucciso dalla mafia.

Il fratello di Peppino, Giovanni Impastato, ha lanciato di recente un appello tramite il giornale Repubblica, per richiamare l'attenzione sul degrado in cui versa il casolare dove Peppino è morto dopo essere stato massacrato di botte dai picciotti di Tano Badalamenti. Legato ai binari della ferrovia, imbottiti di dinamite, al fine di far apparire il delitto come un suicidio-attentato da parte del giornalista.
Giovanni, e molti altri come lui, non si rassegnano alla mafia e all'indifferenza delle istituzioni, chiedono che il casolare venga ristrutturato e adibito a museo, a tal proposito il Comune vorrebbe creare un percorso culturale tra questo e la casa del boss mafioso Tano Badalamenti, stabile già confiscato dal Comune stesso.
Non meno importante e significativa è la “casa-memoria” in cui viveva Peppino, e che la madre Felicia Impastato, ha fondato nel 2005, per “esigenze emozionali”, come soleva dire Peppino, una casa in cui ci si emoziona immensamente entrando e osservando le stanze in cui Peppino viveva e lavorava.
In questo disgraziato paese dove i giornalisti vengono sempre più spesso minacciati, non si ha nemmeno una numero certo su quelli che subiscono intimidazioni, la tessera da giornalista di Impastato esposta sulla libreria, è un'emozione che attanaglia lo stomaco e stordisce; in quelle mura, è pervasiva la presenza di Peppino e Felicia (che è stata la prima donna ad entrare a far parte della “famiglia mafiosa” con il matrimonio, che ha deciso di ribellarsi alla cultura dell'omertà e del silenzio).
Felicia Impastato ha aperto le porte della sua casa a tutti coloro che non vogliono girare la testa dall'altra parte, che vogliono guardare la dura realtà, nel suo aspetto legato alla corruzione della società e degli apparati istituzionali.
Felicia non si è arresa davanti alla dura lotta e alla faccia tosta di chi , nonostante appartenesse al mondo della istituzioni, ha cercato in tutti i modi di cancellare e infangare la memoria di Peppino, accusandolo di terrorismo e di suicidio.
Si pensi al fatto che la condanna di Gaetano Badalamenti “Tano seduto” nel film “I cento passi”, e boss di Cinisi, nonché bersaglio delle imperterrite denunce da parte del giornalista, è arrivata solo nel 2002, cioè 24 anni dopo l'assassinio di Impastato.
Nel dicembre 2001, la Commissione Parlamentare Antimafia ha consegnato a Felicia, proprio sulla porta di “Casa-Memoria” la relazione approvata all'unanimità e che riconosceva la responsabilità di magistrati ed alte cariche delle forze dell'ordine nel depistaggio delle indagini sul “Caso Impastato”.
Varcando la soglia di Casa-Memoria, e facendo del casolare di Contrada Feudo di Cinisi un museo, si offre una possibilità a questo assurdo paese, alle persone in cerca di conoscenza e informazioni non distorte. Si offre la possibilità di riflessione e ognuno sarà un po' più consapevole, quindi più libero.
Peppino Impastato attraverso le sue idee, i suoi scritti e la sua radio, denunciava senza mezzi termini la corruzione delle istituzioni politico-economiche della Sicilia collusa con la mafia.
Ma così come il Casolare in cui ha trovato la morte Peppino non è cosa solo della Sicilia, pure la mafia, le mafie, sono un problema nazionale, come diceva Leonardo Sciascia:
“Questo è un paese dove non hanno più corso le idee, i principi – ancora proclamati e conclamati – vengono quotidianamente irrisi, le ideologie si riducono in politica a pure denominazioni nel giuoco delle parti che il potere si assegna, dove soltanto il potere per il potere conta. E si può anche pensare all'Italia, si può anche pensare alla Sicilia; ma nel senso di Guttuso: quando dice: “ anche se dipingo una mela, c'è la Sicilia”. La luce, il colore. E il verme che da dentro se la mangia? Ecco, il verme, in questa parodia è tutto immaginario. Possono essere siciliani e italiani la luce, il colore (ma ce n'è poi), gli accidenti, i dettagli; ma poi la sostanza (se c'è), vuole essere quella di un apologo sul potere nel mondo, sul potere che sempre di più digrada nella impenetrabile forma di una concatenazione che approssimativamente possiamo dire mafiosa”.
L'attualità ci induce certamente a pensare che la concatenazione mafiosa è tutt'altro che approssimativa, quindi, elogio alla memoria di Peppino impastato, al fratello Giovanni che ne tiene vivo il ricordo, e che quel casolare di Cinisi, da luogo di morte diventi luogo di “buona memoria” e occhi aperti sulla realtà.
Una realtà che non si può certo accettare viste le collusioni tra mafia e politica che pervadono il sistema, e che proprio perchè “silenti” rispetto allo stragismo del passato, devono essere ancora più temute; la mafia, le mafie, sono ben lungi dall'essere sconfitte.
L'arsenico della mafia, viene somministrato tutti i giorni attraverso l'indebolimento e il discredito delle istituzioni, dei magistrati, e dei giornalisti con la schiena dritta, che come Impastato rifiutano l'equilibrio della paura, che è il più stabile.
La corruzione e i tentativi subdoli (come la revisione del 41 bis) di allentare la sorveglianza sul sistema criminale; e come sappiamo, l'arsenico è un veleno che uccide poco alla volta ma inesorabilmente.

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