LE CARTE IN TAVOLA

Il 2012 sarà il primo degli anni di sacrificio per il Bel Paese. La manovra finanziaria andrà a modificare, in peggio, il nostro tenore di vita. Resta che un certo effetto”volano” ne mitigherà gli esiti almeno sino alla fine d’anno. Questo lo scriviamo subito, proprio per evitare le interpretazioni di comodo, che non mancheranno, quando sarà più difficile coniugare il pranzo con la cena. L’Economia italiana è in fibrillazione e l’unica cura possibile resta la fiducia dei mercati che, invece, è palesemente assente. Trovare liquidità resta uno dei nostri problemi; le banche, però, sono a “tappo”. Il fatto è che nessuno si sente di promuovere investimenti con il caos economico che, pur con tutti i correttivi tecnici, non si è ancora chiarito. Di fatto, la situazione era prevedibile. La gestione del potere economico, non disgiunta da quello politico, ha subito una tale involuzione da non consentirci differenti proiezioni che non siano quelle correlate agli atteggiamenti di chi ha ipotecato il futuro d’Italia e degli italiani. Dalla “morsa”, è solo questione di tempo, non sfuggirà nessuno. Neppure i Connazionali all’estero con qualche interesse, pur se marginale, in Patria. Il 2011 andrà a concludersi con una raffica d’aumenti di cui non siamo ancora in grado di quantificare la portata. Le casse dello Stato “piangono” e lo stesso faranno, in coro, gli italiani. Insomma, mancando il “ nuovo”, si torna a proporre il “vecchio” rivisitato. Così, mentre il quadro istituzionale continua a logorarsi, sul fronte politico c’è ancora tanta nebbia da non consentirci di vedere ben oltre le “manfrine” del presente. Quello che da noi manca è un nuovo polo di riferimento sul quale, tenendo anche in conto i numeri, potrebbero ritrovarsi elementi che non intendono essere intruppati nelle logore discipline di partito litigiosi e inconcludenti. La nostra tesi, poi, trova motivi di percorribilità proprio per il definitivo tramonto del “bipolarismo” che ha scontentato tutti. Certo è che il momento, pur se complesso, non ci ha trovato impreparati. Riteniamo che sia maturato il tempo per dare vita operativa al Partito degli Italiani dall’Estero; quello che molti Connazionali oltre frontiera conoscono come P.I.E. Una sigla vitale che potrebbe contare, se pur in modo informale, su oltre quattro milioni di possibili consensi. Per ora, il P.I.E. non ha ancora preso una posizione operativa nello scacchiere nazionale, ma già ha specifiche motivazioni politiche da mettere in campo. Noi siamo per il “nuovo”, nuovo anche dall’estero. Sarebbe, infatti, inutile proporci in cordate già destinate allo sfascio. C’è, prima di tutto, da convincere i Connazionali all’estero. Non per mettere in dubbio la loro maturità politica, ma per ridimensionare certe manifestazioni d’insofferenza che non siamo riusciti né a comprendere, né, tanto meno, a giustificare. Ci riferiamo, in particolare, agli italiani all’estero di Prima Generazione. Quelli che già hanno patito lo sradicamento dalla loro terra, dai loro affetti, per un futuro meno incerto che potrebbe essere rimesso in discussione. Siamo convinti che le idee e le proposte non mancano. Nell’attesa della riforma, ormai non procrastinabile, della nostra legge elettorale, intendiamo aprire un dibattito, franco e leale, con tutti quelli che vogliono un’Italia differente, un Paese più europeo, con meno campanilismo e più unitario nelle mete e nei progetti. Mettere le carte in tavola, senza barare, ci sembra attuabile. D’altronde, una partita tanto importante non può essere giocata da soli. Insieme tutto può essere.

Giorgio Brignola

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