Francesco De Gregori è un artista di livello riconosciuto. L’attività concertistica ne precede la fama. L’anno 2011 non ha fatto eccezione. Prima la lunga tournee con l’altro grande della canzone italiana, Lucio Dalla, poi una manciata di date in proprio, nella dimensione sia teatrale che di piazza. Avrebbe potuto fermarsi qui e accogliere i riscontri di una delle sue annate più fortunate: prestigiosi riconoscimenti, tappeti rossi, nuovi arrangiamenti, serate suggestive. Invece, l’artista alla ricerca viene, una volta di più, prima, ben prima, del musicista affermato, delle esibizioni da arena. Francesco De Gregori ha programmato per il prossimo autunno un tour nei clubs della musica dal vivo in Italia. Posti storici per un pubblico più alternativo, più duro, più concentrato: l’Hiroshima Mon Amour (Torino, 26 ottobre), il Vox di Nonantola (Modena, il 6), il Vidia, dalle parti di Cesena (14 ottobre) e molti altri locali dove la musica dal vivo è il pane quotidiano che precede i cocktail, la mondanità, le recensioni forbite. Bisogna dire che ci vuole coraggio, e anche incoscienza. De Gregori, oltre trent’anni fa, ha subito sulla propria pelle la contestazione per il caro biglietti della musica italiana. Una legittima rivendicazione dei settori dell’Autonomia che, tuttavia, s’è tradotta in un processo sul palco a dir poco ingeneroso. Militanza è gratuità, è servizio al popolo, è impegno diretto, senza troppi ermetismi. Questo sembrava il nocciolo delle polemiche di allora. Adesso, la sfida è ancor più suggestiva: non perché la situazione sia identica a quando gli assembramenti nei palasport interrogavano cupidigie vecchie e nuove dell’industria musicale, ma perché il pubblico che gravita nel circuito dei club ha fatto precedere la politica da etica ed estetica. Il suonare senza risparmio, il suonare proponendo e promuovendo sonorità diverse dagli imperativi categorici del mercato mainstream. Il “Principe” sa quale tipo di approccio è realmente in ballo e non è nuovo a incursioni sonore nel post-rock e nei suoi ambienti (vedere gli arrangiamenti proposti nella tournee di “Amore nel Pomeriggio”). E portare questa voglia di fare nelle piccole sale è un lavoro interessante a prescindere da ogni altra considerazione.
Domenico Bilotti