ALBERTO DI GIOVANNI DONA UN PREZIOSO FONDO D’ARTE ALLA SUA ROCCAMORICE

L’illustre figlio d’Abruzzo, nominato dalla Regione “Ambasciatore”, è personalità di spicco in Canada

di Goffredo Palmerini

ROCCAMORICE (Pescara) – Oggi parliamo di Roccamorice, suggestivo borgo ai piedi della Majella, e di un suo figlio illustre, Alberto Di Giovanni, uno degli Abruzzesi più stimati ed affermati in Canada. Uno sperone di roccia proteso verso il vuoto fa da soglia tra le opere d’arte testimoni della storia e la sublime bellezza d’una natura incontaminata. Punto d’incontro tra l’opera dell’uomo e l’insuperabile grandezza del paesaggio, su questo basamento di pietra sta Roccamorice, pittoresco borgo in provincia di Pescara che affaccia su strapiombi di spettacolare bellezza, un balcone su splendidi scorci naturalistici. All’ombra della Majella, a 520 metri d’altitudine, con poco più di mille abitanti, Roccamorice è un villaggio dove sembra si respiri il tempo senza i parossismi della vita attuale, dove tutti si conoscono, dove tradizioni e senso dell’ospitalità sono il tratto perdurante d’una antica attitudine all’accoglienza. Pare che le stradicciole, le case del suo impianto medioevale e gli antichi monumenti siano stati intagliati direttamente sulla montagna, a guisa di sculture affascinanti a stretto contatto con una natura che copiosamente espone un fascino selvaggio. Qui, tra vicoli serpeggianti, archetti pittoreschi e scalinate, si scoprono testimonianze architettoniche di grande valore, come la torre medioevale, la Chiesa del Barone e l’austera abbazia di S. Spirito. Fondata probabilmente prima dell’anno Mille, dopo un lungo periodo di inattività, la struttura fu ristrutturata verso la metà del Duecento da Pietro da Morrone, il monaco benedettino qui ritiratosi in meditazione che tanta influenza avrebbe avuto sulla spiritualità del tempo e poi sulla cristianità con il suo passaggio sul soglio pontificio. Eletto dal Conclave di Perugia il 5 luglio 1294, incoronato papa con il nome di Celestino V il 29 agosto all’Aquila, dismise la tiara per rinuncia il 13 dicembre dello stesso anno, non senza aver lasciato all’umanità, nel breve suo pontificato, forti segni profetici tra i quali brilla l’istituzione della Perdonanza, il primo giubileo della storia.

Tutto qui sulla Majella, e nell’eden che l’incorona, richiama Pietro Angelerio da Morrone, il monaco fondatore dei Celestini, poi papa Celestino V. I luoghi di culto sulla Montagna Madre degli abruzzesi, la Majella appunto, testimoniano la sua dura vita d’eremita, fatta di silenzi, digiuni e preghiera. Sono così numerosi che Francesco Petrarca definì la Majella “domus Christi”. Quaranta o forse più sono i luoghi di culto, per lo più eremi, nascosti nei più remoti anfratti, nei più solitari valloni del Parco Nazionale della Majella, specie lungo la profonda Valle dell’Orfento. Il primo eremo lo si raggiunge da Roccamorice. E’ uno dei più famosi, l’Eremo di S. Bartolomeo. Meno importante dell'Eremo di S. Spirito, ma molto più spettacolare e solitario sotto l’impressionante bastionata rocciosa, fu ricostruito da Pietro da Morrone che vi rimase due anni, fino al 1276. Ma il carisma dell’eremita facevano accorrere migliaia di fedeli, richiamati dalla sua fama di santità, tanto che il futuro papa decise di spostarsi in un luogo meno accessibile, nell’impenetrabile Valle dell’Orfento, a S. Spirito di cui si dirà. Solo altri tre eremi celestiniani ora citiamo, per brevità. L’Eremo di S. Onofrio, anch’esso nella Valle dell’Orfento, fu ristrutturato da Pietro da Morrone, anche se non se ne hanno notizie più dettagliate, e l’Eremo di S. Giovanni, dove il monaco insieme a pochi discepoli condusse per nove anni una vita completamente isolata. Oggi occorrono doti d’alpinista per raggiungerlo. L’ultimo eremo abitato e risistemato dal grande monaco è sul Morrone, la sua montagna prediletta che guarda la conca di Sulmona. Dopo il periodo di profonda meditazione nell’Orfento, qui egli si ritirò nel 1293, restandovi per circa un anno. Fu qui che ricevette la notizia della sua elezione a papa e qui tornò dopo le sue dimissioni dal pontificato. Ma ora torniamo a parlare di Roccamorice, una delle perle della Majella.

Sabato 6 Agosto scorso, a Roccamorice, in piazza c’era più di metà del migliaio d’abitanti di questa suggestiva e preziosa cittadina nel cuore del Parco Nazionale della Majella. Erano lì per festeggiare colui che il Sindaco Antonio Del Pizzo ha indicato come il più illustre figlio di Roccamorice: il professor Alberto Di Giovanni, Grande Ufficiale della Repubblica, direttore del Centro Scuola e Cultura Italiana di Toronto, vice Presidente della Commissione Scuola e Cultura del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE) presso il Ministero degli Affari Esteri. Alberto Di Giovanni, emigrato da Roccamorice a Toronto, dove è diventato uno dei protagonisti della vita culturale canadese e tra i più attivi promotori della rinascita della grande tradizione dell’italianità in quello che è il secondo Paese più vasto del pianeta, ha voluto offrire alla propria Terra Madre un dono di eccezionale valore materiale e morale, all’insegna di quel verso leopardiano che egli considera un po’ il distintivo del suo rapporto con Roccamorice: «Sempre caro mi fu quest’ermo colle». Si tratta di una cospicua donazione che comprende una collezione d’arte e una biblioteca di notevole valore culturale e patrimoniale. La Municipalità ha accolto con orgoglio e soddisfazione il desiderio di un così illustre e affezionato concittadino, deliberando l’istituzione del Centro d’Arte e Cultura “Alberto Di Giovanni” e l’assegnazione quale sua sede della Chiesa del Barone, tanto cara ai roccolani e tanto meritevole di venire attivata permanentemente quale polo di conservazione e alimentazione della vitalità culturale, nonché quale punto di riferimento civile per la comunità di Roccamorice e per l’intero territorio circostante.

Le opere acquisite grazie alla liberalità di Alberto Di Giovanni hanno trovato collocazione nella splendida Chiesa del Barone con un allestimento di gran pregio. Per festeggiare l’inaugurazione del Centro e il suo promotore, la Municipalità ha organizzato una serata indimenticabile. Sul palcoscenico innalzato tra la Parrocchiale e la Chiesa del Barone è stata accolta una significativa rappresentanza del meglio delle risorse artistiche abruzzesi: l’attrice Susanna Costaglione, l’Orchestra da Camera “Benedetto Marcello” di Teramo diretta da Pasquale Veleno, il mezzo soprano Alba Riccioni, il violino solista Ornela Koka. Il programma curato dal Direttore artistico Errico Centofanti ha incastonato tra due mirabili brani di Antonio Vivaldi, “la Primavera” e “l’Inverno”, tre romanze di Francesco Paolo Tosti e suggestivi estratti da “La figlia di Iorio” di Gabriele d’Annunzio e “Ed egli si nascose” di Ignazio Silone. Il pubblico, che comprendeva anche numerosi Sindaci del circondario e una folta delegazione proveniente dal Canada, ha seguito con attenzione densa e partecipe lo svolgimento del programma, tributando intensi e prolungati applausi a tutti gli interpreti. In apertura, era stata data lettura del caloroso messaggio pervenuto da James Fox, Ambasciatore del Canada a Roma, e avevano rivolto affettuosi indirizzi di saluto ad Alberto Di Giovanni il Sindaco di Roccamorice, Antonio Del Pizzo, il Senatore Giovanni Legnini, il vice Presidente Vicario del neonato Centro d’Arte e Cultura, Daniela D’Alimonte, il vice Presidente della Giunta Regionale, Alfredo Castiglione, e il Presidente del Consiglio Regionale dell’Abruzzo, Nazario Pagano.

Roccamorice sprigiona il fascino irresistibile d’uno dei più suggestivi intrecci tra spettacolare natura montana e non meno spettacolare antropizzazione, quest’ultima animata da plurisecolare devozione al rispetto dell’ambiente naturale. Lo sguardo che abbraccia questi luoghi non può fare a meno di immaginarvi perduranti le presenze di Celestino V, Cola di Rienzo e Torquato Tasso che qui si lasciarono sedurre da un paesaggio capace come pochi altri di farsi nutrimento e compagno dell’anima. Sullo sfondo tersissimo del cielo, svetta il profilo del centro storico: lo caratterizzano la possente mole della torre campanaria di San Donato, la chiesa parrocchiale, il massiccio torrione quadrangolare, unico elemento superstite della fortezza che nel Medioevo dominava l’abitato, e infine la slanciata sagoma della Chiesa dell’Annunziata, altrimenti nota come “Chiesa del Barone”, elegante rimaneggiamento barocco di una più modesta chiesuola realizzata sui resti di una struttura fortificata d’epoca medioevale. La consuetudine roccolana ha lasciato prevalere la definizione di “Chiesa del Barone”, rispetto alla dedicazione all’Annunziata, probabilmente in ossequio a Giuseppe Zambra, Barone di Roccamorice, il quale non solo teneva palazzo proprio lì accanto, ma fu anche il finanziatore dei lavori che nel 1760 diedero all’edificio il volto attuale. Nell’arco di due secoli e mezzo, la Chiesa del Barone non sempre ha mantenuto la sua destinazione liturgica, venendo a fasi alterne degradata ora a granaio ora a magazzino di materiali edili, ogni tanto tornando a ospitare funzioni religiose. Da ultimo, la Municipalità, che ne è proprietaria, ne ha curato un radicale e pregevole restauro. La Chiesa del Barone ha infine trovato la sua destinazione ottimale grazie al congiunto impegno della Municipalità e di Alberto Di Giovanni.

Merita una rapida ricognizione la consistenza della donazione con cui Alberto Di Giovanni ha attivato la nuova vita della Chiesa del Barone. Tra le oltre 70 opere pittoriche s’impongono 3 preziosi quadri di scuola umbra tra Seicento e fine Settecento (Madonna con Bambino, Madonna con Bambino Angeli e Filosofi in consesso, San Paolo), 3 deliziosi olii dell’Ottocento romano che propongono scene agresti e un Brigante d’Abruzzo, alcune magnifiche tele di Enrico Benaglia, Gigino Falconi, Luigi Passeri, Federico Spoltore, Alberto Sughi, Mariantonietta Sulcanese, un’incantevole Madonna con Bambino del Ruiz, un’ampia raccolta di stampe originali di Giorgio De Chirico e Salvador Dalì, l’eccellente “Canadian Landscape” del Catalano, uno dei più popolari tra gli artisti canadesi d’ascendenza italiana, 13 rare opere dovute ai maggiori esponenti della Scuola di Toronto, la principale corrente artistica canadese di metà Novecento (Amirault, Batten, Harrington, Jackson, Kirkby, Lucas, Thomson). Vi sono inoltre 10 pezzi d’alto artigianato, tra i quali ceramiche e maioliche di Castelli, Deruta e Faenza.

Quanto alla componente libraria, si tratta di oltre 350 volumi, tra i quali svetta la rarissima collezione completa in 27 tomi di grande formato dedicata alle riproduzioni in fac-simile di tutte le principali opere teoriche e grafiche di Leonardo da Vinci, compresi i favolosi Codici Atlantico e Hammer e i manoscritti dell’Institut de France. Tra le altre preziosità: le celebri edizioni in fac-simile della Divina Commedia illustrate da Sandro Botticelli, Gustave Doré, Amos Nattini, Alberto Sughi e dai Fratelli Alinari, la riproduzione integrale del sontuoso Codice Squarcialupi della Biblioteca Laurenziana di Firenze, principale fonte delle composizioni musicali italiane del sec. XIV, le riproduzioni di straordinari testi sacri miniati, come il Messale del Beato Angelico, il Codex Cantorum e uno dei più suggestivi rotoli dell’Exultet. E poi una vasta collezione di saggi letterari, storiografici, di critica d’arte, cinematografia, le opere dei maggiori scrittori italiani della classicità e contemporanei, un’ampia rassegna della letteratura mondiale e un’eccezionale serie di testi dedicati a storia e problematiche dell’emigrazione italiana, tema questo particolarmente significativo per una comunità come quella roccolana, che, proprio in conseguenza del fortissimo esodo migratorio del recente passato, è oggi passata a consistere di appena un migliaio di residenti rispetto ai 4.000 abitanti d’una volta.

Si può agevolmente comprendere come la composizione della donazione risponda, in sintonia con le più illustri tradizioni della migliore Italia, a un fondamentale criterio ispiratore della vita di Alberto Di Giovanni, il quale ha costantemente inteso valorizzare l’armonia che caratterizza il rapporto tra libro e pittura, nonché l’importanza dell’arte e della cultura in tutti i loro aspetti. Il neonato Centro, tanto riccamente dotato, intende porsi come punto di riferimento per i giovani e per la generalità della popolazione di Roccamorice e dell’intero territorio collinare pescarese, anche proponendo numerose iniziative di varia natura, dalle mostre d’arte ai concerti, dalle letture ai seminari d’approfondimento storico e culturale. Tra queste attività, fin dal prossimo anno, il Festival Majella delle Arti, una cui vera e propria anteprima è stata costituita dall’evento inaugurale di Sabato 6 Agosto.

La spumeggiante serata inaugurale s’è conclusa con il taglio del nastro all’ingresso del Centro d’Arte e Cultura “Alberto Di Giovanni”. Subito prima, però, proprio Alberto Di Giovanni, emozionatissimo, ha preso il microfono per ringraziare il Sindaco Antonio Del Pizzo e tutti gli intervenuti. In particolare, egli s’è rivolto all’architetto Daniele Rosati, per la consulenza nella realizzazione del Centro, al professor Nicola Mattoscio, per il sostegno assicurato dalla Fondazione Pescarabruzzo, e alle altre istituzioni sponsorizzatrici: la Regione Abruzzo, il Comune di Roccamorice e il Centro Scuola e Cultura Italiana di Toronto. Ha infine espresso la propria gratitudine ai componenti il Comitato di Gestione del Centro: Daniela D’Alimonte, Agostino Di Giovanni, Don Gilberto Ruzzi, Francesca Presutto, Lucia D’Aurizio, Mariella Di Pietrantonio. C’è infine da segnalare che il giorno precedente, il 5 Agosto, dichiarato con legge regionale “Giornata degli Abruzzesi nel Mondo”, nella Sala “Corradino D’Ascanio” in Pescara, il Presidente del Consiglio Regionale, Nazario Pagano, aveva consegnato ad Alberto Di Giovanni – unitamente a Carmela Remigio, Armando Traini e Tony Fini – l’onorificenza di “Ambasciatore d’Abruzzo nel mondo”, riconoscimento che la legge istitutiva riserva agli emigranti abruzzesi che fuori dall’Abruzzo si sono distinti, in Italia o all’estero, per i loro meriti accademici, culturali, sociali e professionali. Alberto Di Giovanni si è distinto anche per la straordinaria munificenza verso la sua terra natale.

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