Christiania (o Kristiania), questo è il nome che il re Cristiano IV diede alla città di Oslo dopo che venne distrutta da un incendio nel 1624. Dopo tale dannoso evento, la città riprese a rifiorire e a riconquistare l'importanza come centro commerciale e culturale, ritornando a chiamarsi Oslo solo dal 1925. E ora, per mano del “cristiano fondamentalista” Anders Behring Breivik, la capitale norvegese ripiomba nella tristezza e nello sconforto per il folle gesto di chi, nel suo diabolico piano, prevedeva la lotta al multiculturalismo, al marxismo e all'islam, attraverso una vera e propria rivoluzione europea. Le immagini scorse in questi giorni attraverso i media sono state un autentico colpo al cuore. L'idea che negli anni si è ben cristallizzata nell'immaginario collettivo, è quella di un Paese quasi delle “meraviglie”, dove la bellezza mozzafiato della natura e la serenità della sua gente, l'efficienza delle strutture, la ricchezza e l'ordine, il rispetto verso gli altri e il suo multiculturalismo, erano e sono modelli da esportare e non da demonizzare. Per molte persone, viaggiatori, turisti, la Norvegia rappresenta un oasi di bellezza, da custodire e da ammirare. Le imponenti pareti di roccia color piombo bagnate da sontuose cascate d'acqua cristallina che ben contrastano il blu del cielo, le verdissime vallate sulle quali poggiano le casette dai colorati tetti rossi, blu, gialli, e l'immancabile fiume che scorre tortuoso tra le abitazioni. Questo è uno degli scenari che ricordo di questi fantastici luoghi, un quadro arricchito dalla semplicità delle persone, dalla loro gentile ospitalità e dalla loro voglia di godersi la vita al meglio. Ricordo i concerti jazz nel centro di Oslo, la gara ciclistica snodarsi tra le vie del centro, la festa con i bambini nel mezzo del lungo corso del Karl Johans Gate che attraversa la città, passando tra gli edifici storici del 1800 e la sede del Parlamento, arrivando sotto i balconi del Palazzo Reale. Tutto ciò era una certezza. Ora, un sogno rotto dal frastuono dell'azione di un fanatico della estrema destra xenofoba. Un percorso lungo, durato anni per regalare a questa popolazione il giusto equilibrio di vita, interrotta da questa paura del “diverso” e dalla propria esaltazione della perfezione. Un vero peccato, un forte senso di delusione pervade chi, come me, vede la Norvegia come un punto di arrivo, un esempio da seguire. Ma il gesto di un solo uomo rappresenta il “bicchiere mezzo pieno” della vicenda, nel senso che, per fortuna, al momento sembra che non ci siano altri fanatici come il 32enne attentatore, che pare abbia agito da solo. Purtroppo questo episodio è l'ennesima riprova che il marcio c'è dappertutto, anche nei sogni. Sono sicuro però, che la Norvegia troverà la forza per ripartire subito e ritornare efficiente come lo è sempre stata, isolando ed estirpando l'erba cattiva nel suo immenso prato verde e lussureggiante.
Paolo Natale