Anche Lui tiene famiglia
di Filippo Giannini
La lupa dantesca, che mai non empie sua bramosa voglia e si marita con ogni sorta d’animali, non sia, non già l’avarizia, come comunemente ci fa credere il Sommo Poeta, bensì la Menzogna, artatamente montata, nel qual caso sarebbe vano sperare in un Veltro capace di ricacciarla nell’inferno, là onde invidia dipartilla. Per questo mio saggio di erudizione chiedo venia prima a Dante Alighieri per lo scempio arrecato alla Sua Commedia (davvero) Divina, poi ai miei amici lettori, ma non a Mario Cervi verso il quale questo mio saggio è rivolto. E mi spiego.
Ho scritto più volte che l’itaglia (sì, sì, ho scritto bene: itaglia, perché l’Italia era una cosa diversa) è divisa fra capiscioni e non capiscioni; i primi erano coloro che dopo la guerra avevano capito tutto. I secondi appartengono alla categoria opposta.
Mario Cervi, come Giorgio Bocca e, purtroppo, tanti altri sono i super capiscioni, coloro cioè che si adoperano in ogni modo per dimostrare che il fascismo era l’aberrazione criminale d’una masnada di avventurieri. Capito? Il Fascismo, non l’attuale sistema democratico!
Su Il Giornale del 21 giugno scorso, il nostro super capiscione, rispondendo ad una lettera di un lettore che aveva citato un saggio di Eugenio Di Rienzo (Storia in Rete del mese di maggio), fra l’altro ha scritto:
Stavo per scrivere: allora dedico quanto segue a Mario Cervi. Ma mi correggo: di Mario Cervi me ne frego altamente, non gode della mia stima in quanto ritengo poco credibile che non conosca quanto sostengo, e cioè che l’Italia fu costretta alla guerra, guerra voluta e ottenuta dalle potenze capitaliste, e cioè per essere chiari, dalla Gran Bretagna, dalla Francia e, soprattutto dagli Stati Uniti. Mi rivolgo invece ai miei lettori che anche troppo sono stati ingannati dai capiscioni di turno. Capiscioni che tali vogliono essere perché Mussolini aveva introdotto un sistema di Governo onesto, giusto e, soprattutto di valori squisitamente sociali, valori che stavano danneggiando i possessori delle grandi banche e dell’oro. Valori che potrebbero, ancora oggi, essere riproposti e che, ancora oggi se presentati, danneggerebbero i grandi finanzieri e i supercapitalisti. E allora: guerra!!! Il Duce, rispondendo ad una lettera di Roosevelt, uno fra i più scellerati tiranni che la storia ricordi, così scrisse:
Scrive Roberto Festolazzi (Laval-Mussolini, la storia dello statista francese che volle l’intesa con l’Italia):
Non fu Mussolini a cercare la strada affinché in Europa permanesse uno stato di equilibrio, senza dominatori assoluti? Non fu il Duce che incaricò Balbo e Grandi di presentare nella Conferenza Locarno (1925) un progetto di disarmo pressoché totale? Da chi fu sabotata anche questa proposta?
Piero Operti era un antifascista liberale, una persona che avrei avuto piacere di incontrare, purtroppo è venuto a mancare anni or sono. Piero Operti è autore di un volume: Lettere Aperte, dal quale propongo alcuni concetti. Prima di iniziare desidero rimarcare l’assoluta onestà intellettuale dell’Autore, ricordando di nuovo la sua idea liberale e antifascista. A pag. 33, possiamo leggere:
A dispetto dei vari super capiscioni espongo i veri motivi (fra i tanti altri) per cui l’Italia fu COSTRETTA alla guerra: Roosevelt aveva impostato la campagna elettorale del 1933, per la sua rielezione, all’insegna del New Deal, cioè un vasto intervento statale in campo economico, ossia proponendo un’alternativa al liberismo capitalista. Una volta eletto Roosevelt (e questo nel dopoguerra venne accuratamente nascosto) inviò nel 1934, in Italia Rexford Tugwell e Raymond Moley, due fra i suoi più preparati uomini del Brain Trust, per studiare il miracolo italiano. Lucio Villari così commenta l’avvenimento:
Termino con una serie di citazioni di personalità non davvero fasciste.
Paul Gentizon, il più noto giornalista svizzero, così inizia il suo saggio (Difesa dell’Italia, pag. IX):
E allora, signor Mario Cervi…?