Il marito va risarcito in via equitativa se la moglie non può avere rapporti sessuali in conseguenza di un sinistro

Non si tratta di “danno di riflesso” ma d’illecito che segue il principio di regolarità causale anche se non è subito direttamente dalla vittima

Se la moglie in conseguenza di un incidente stradale perché investita da un pirata della strada, non potrà avere più figli, e soprattutto se ha subito una lesione al bacino che non le consente di avere normali rapporti sessuali allora anche il marito dev’essere risarcito. Così la terza sezione civile della Cassazione in una sentenza le cui motivazioni sono state depositate in data 16 giugno 2011 che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, commenta.
In tali casi, secondo la Suprema Corte anche il marito vede lesa la propria sfera più intima. Nella specie, peraltro, nei confronti del coniuge non deve considerarsi come categoria di danno il cosiddetto danno “di riflesso”, così come si è ritenuto in passato, ma va affermata la risarcibilità del danno “poiché conseguenza normale dell’illecito secondo il principio della c.d. regolarità causale”.
Gli ermellini partono, infatti, dall’assunto che la vita sessuale è un aspetto fondamentale della persona umana e il fatto illecito che determina in tal senso una lesione ai danni della vittima del sinistro stradale comporta conseguenze pregiudizievoli che sono senz’alcun dubbio risarcibili in virtù dell’articolo 2059 del codice civile, ossia riferibili alla sfera della categoria del danno non patrimoniale.
Ne discende che risulta violato anche il diritto del marito ad avere rapporti sessuali con la moglie tanto da comportare la risarcibilità del danno da liquidare in via equitativa secondo i canoni stabiliti dall’articolo 1223 del codice civile anche se “pur sofferto da soggetto diverso da colei che ha subito le lesioni, poiché conseguenza nomale dell’illecito secondo il criterio della c.d. regolarità causale”. Ed inoltre, “trattandosi di danno non patrimoniale, la liquidazione non può che essere equitativa ex art. 1226 cod.civ.”
Nel caso di specie la Corte che ha deciso nel merito ai sensi dell’art. 384 comma secondo cod. proc. civ. condividendo la valutazione del giudice di primo grado che, tenuto conto dell’età dei coniugi alla data del fatto, aveva liquidato la voce di danno in parola con l’importo di 20 milioni di vecchie lire.

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