Mercoledì ho svolto un lungo intervento alla Camera in occasione della discussione generale di una riforma costituzionale che potrebbe prevederne la soppressione.
Molti potranno non condividere, ma ho sostenuto la necessità di mantenere comunque un ente intermedio tra comuni e regioni puntando semmai ad assegnare alla province competenze più specifiche (ad iniziare dal governo del territorio per acque, risorse naturali, ambiente, rifiuti, ecologia, viabilità) e sottolineando come sia ridicolo parlare di miliardi di euro di possibile risparmio visto che poi i dipendenti provinciali passerebbero comunque ad altri enti e che qualcuno dovrebbe pur comunque pensare a tutta una serie di funzioni indispensabili per la comunità.
“I costi amministrativi delle province, se ben condotte – ho sottolineato – incidono pochissimo sui bilanci degli enti, molto meno dei costi generali delle regioni che si sono moltiplicati nel tempo. Complessivamente le province incidono peraltro nel loro complesso – per tutte le loro funzioni – meno del 2% sulla spesa pubblica.”
Ho così proposto di intervenire subito eliminando province anomali (“Che senso ha ancora la provincia di Milano, limitata praticamente alla sola città?”) ma sottolineando che non deve essere il numero degli abitanti il discriminante per eventuali soppressioni, ma l’esame delle necessità dei singoli territori, molto diversi in Italia l’uno dall’altro.
Piuttosto è ridicolo varare demagogicamente quattro nuove province in Sardegna decise autonomamente da quella regione, ma per le quali lo Stato si sta facendo carico di tutti i servizi collegati senza neppure un passaggio parlamentare.
