Solo una chiacchiera convintamente politicista può sostenere che le Elezioni Amministrative (di qualunque tipo e localizzazione geografica) siano soltanto consultazioni contingenti, slegate dall’analisi del dato politico nazionale. L’ultima tornata non fa eccezione, anzi si manifesta come espressione di un cambiamento politico generale che gli apparati non si aspettavano -sottovalutando, come spesso accade, il grado di insoddisfazione, sdegno, immiserimento e arretramento, sul piano dei diritti. Gli spunti di riflessione sono molteplici. Innanzitutto, si nota, alla Sinistra del Partito Democratico, che si può fare buona politica senza subire l’oscuramento dei media e il loro accendersi a comando. Prova ne sia che la Federazione risale, numericamente e percentualmente, nel silenzio che pareva averla condannata in campagna elettorale, mentre Sinistra Ecologia & Libertà, che aveva, invece, goduto di grosso reclamo perde, persino, alcune posizioni. Nel primo caso, ha pagato la capacità di star dentro i conflitti sociali. Alcune scelte esemplificano il dato: la Federazione della Sinistra (Rifondazione Comunista, Socialismo2000, Comunisti Italiani, Lavoro e Solidarietà) o è stata il primo promotore di alleanze votate all’opposizione delle giunte uscenti –a Milano ha scelto Pisapia in tempi non sospetti, a Napoli, mentre SEL rischiava di finire a rimorchio del PD o, comunque, dei tatticismi, sceglieva De Magistris, o ha giocato la carta di “avventure solitarie” che hanno avuto qualche merito (come demeriti ha, in realtà, la scelta governista a tutti i costi). A Napoli la candidatura De Magistris aveva più rilievo simbolico che politico, almeno durante la campagna elettorale; starà ai ballottaggi e, soprattutto, al “dopo” chiarire se e come ciò evolverà. A Cagliari Zedda è sembrato un nome giovane, più affidabile d’altri, che pure avevano concorso contro e con lui alle Primarie. A Torino, l’alleanza col gruppo di Sinistra Critica ha avuto, tutto sommato, buoni frutti. Attenzione: non vuol dire che Fassino sarà il sindaco della sconfitta, dell’attuazione territoriale della macelleria sociale. Semplicemente, dietro l’ovvia considerazione che né TAV né “piano Marchionne” possono rilanciare la città, si è scelto di compattarsi intorno a una candidatura più libera, più diretta e radicale (Bossuto). A Cosenza, in un dato meridionale più interlocutorio di quello nazionale, le considerazioni da fare potrebbero essere simili. Bene hanno fatto anche le soluzioni che si sono mosse al di fuori del rapporto con la Federazione della Sinistra: a Napoli va difeso il senso della lista “Napoli non si piega”, perché essa, in una scelta autonomistica e pur minoritaria, non ha rinunciato a criticare tutto il novero degli altri candidati (qui Rete dei Comunisti, Sinistra Critica e Comunisti-Sinistra Popolare hanno fatto a meno di un’alleanza con la FdS: il che, magari, è andato a detrimento di entrambi i gruppi). Buone percentuali -Latina, Barletta, ecc.- prende anche il Partito di Alternativa Comunista. In territori particolarmente connotati, sotto il profilo dell’omogeneità politica, la scelta di una cesura netta è talvolta premiata, anche dai consensi e non solo dal merito dei programmi. Il dato si incastra agli altri, ma non è di secondo ordine. SEL non ha mantenuto le promesse sondaggistiche, ma, quando è andata bene, lo ha fatto partendo da candidature meno schiacciate sulla fisionomia delle dirigenze politiche e più sul rapporto con le istanze locali (contestabili che siano, invece, i programmi, spesso, presentati agli elettori, o –ancor più spesso, le ipotesi di alleanze manifestate). Discorso a parte meriterebbero IdV e le liste di Grillo: qui, anche con temi di rivendicazione politica populistici (il “via tutti!” senza proposte alternative, oppure mirate alleanze, finalizzate a risultati alla vigilia non imprevedibili), si realizza la raccolta di un voto, anche di Sinistra, che all’astensione antepone questo tipo di comunicazione e programmazione, che però non è realmente antitetico allo scenario dei gruppi di potere dominanti. Il materiale non è di poco conto. Alla Sinistra si chiede di essere tale, alternativa alla Destra che ha governato o alle coalizioni troppo distanti dalle concrete esigenze dei propri elettori. In questo contesto, l’idea di una Federazione, rispettosa delle reciproche autonomie, legata all’approfondimento, agli studi, alla generazione di conflittualità e socialità diverse, pare esser stata la più premiata, anche in quanto si muova a sinistra del principale partito dell’opposizione parlamentare. Proprio alla FdS spetterà giocare d’impegno, insieme ai soggetti coi quali ha lavorato nelle Amministrative (liste civiche, movimenti, associazioni della sinistra sociale), nella delicata battaglia sui referendum -acqua, giustizia, ambiente- e nella assoluta necessità di secondare buone candidature pure ai ballottaggi.
Domenico Bilotti