GRILLO PARLANTE

Chi ha letto i miei commenti su IL PUNTO delle scorse settimane non potrà dire che non sia stato facile profeta sui problemi elettorali del PDL e di tutto il centro-destra, anche se non mi va proprio di fare il “grillo parlante”.

Preferisco guardare al futuro rispetto al passato e quindi, innanzitutto, raccomando a chi domenica prossima sarà chiamato a votare per i ballottaggi (da DOMODOSSOLA A MILANO, da NAPOLI a VERCELLI a NOVARA) ad andarci, ricordando che il suo voto non avrà solo una conseguenza locale, ma nazionale. Credo che Berlusconi ed il PDL abbiano finalmente capito che è tempo di cambiare il menu, ma è meglio farlo dopo aver riconquistato alcune città-chiave che averle perse a vantaggio della sinistra dando quindi alle analisi un tono più serio e meditato che non portarlo avanti in un clima da tragedia.

Archiviati i ballottaggi sarà infatti subito tempo di affrontare alcuni temi ineludibili: il futuro del partito e la successione a Berlusconi.

Credo infatti che il Cavaliere debba rendersi conto che occorre pensare seriamente a chi potrà prendere le redini di uno schieramento che deve politicamente sopravvivere al suo fondatore. Meglio farlo in una strategia di rinnovamento che in modo traumatico, anche perché Berlusconi ha il diritto-dovere di indicare persone di riferimento ed investire spazio e visibilità su di esse.

Un partito strutturato cercherebbe di far crescere persone dalla “base”, ma il PDL non lo è con il rischioè di moltiplicare candidati nel fiorire di litieo correnti.

Meglio quindi che il dibattito si concentri su alcuni nomi (e possibilmente su alcune chiare e concrete linee di intervento programmatico) e tra questi emergano i migliori.

E’ sciocco indicare già da ora dei potenziali “delfini”, ma come Almirante a suo tempo indicò Fini “saltando” una intera generazione penso che anche il PDL non debba puntare troppo su chi da molti anni è sulla scena: la gente vuole rinnovamento anche generazionale e persone che visibilmente interpretino un rinnovamento politico e personale.

Credo, ad esempio, che se a Milano fosse stato candidato a sindaco Maurizio Lupi non ci sarebbero stati problemi di ballottaggio, così come Formigoni da tempo potrebbe avere responsabilità a Roma e non solo in Lombardia. Penso anche a molti altri giovani parlamentari che hanno ottime qualità ma bisogna farli conoscere, testarli, farli volare.

Nel medio termine Tremonti potrà essere poco popolare per la rigidità delle scelte, ma intanto sta salvando la struttura economica italiana ed è vicino alla Lega, il che non guasta, come un altro leghista che apprezzo è Roberto Maroni che sta facendo bene il ministro dell’interno, con grande senso di responsabilità.

Nomi a caso, solo per dire che non mancano persone su cui “investire” se il Cavaliere vuole davvero farlo, uscendo dalla corte che gli sta intorno e che non mi sembra sempre di alto profilo.

Ma alla base deve esserci una convinzione: voler far crescere un partito forte ed unito del centro-destra, capace di raccoglierne diverse anime, ma che sia un punto di riferimento chiaro per la gente.

Intanto le elezioni di domenica scorsa hanno sottolineato alcuni verdetti inequivocabili come la prematura scomparsa del FLI e del “terzo polo” che si è liquefatto alla prima prova elettorale, la crisi di Di Pietro che ha perso il 40% dei voti in un anno ( De Magistris a Napoli è il suo acerrimo nemico, pur militando sotto lo stesso tetto) e che la Lega non “tira” più in termini di voti di protesta, scontando logicamente la doverosa responsabilità dell’essere al governo. Settimana prossima , dopo il voto, comincerà un po’ tra tutti la resa dei conti. Mettetevi l’elmetto…

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