di Marta De Luca
Fermo restando che nel corso di 14 giorni tutto può sempre cambiare e che i distratti elettori meneghini della Lega Nord potrebbero anche tornare a conferire fiducia, all’ultimo momento, al sindaco uscente, onorevole Letizia Moratti, riteniamo assai poco sorprendente il dato elettorale emerso in queste ore dalle urne del capoluogo di regione della Lombardia. Dal 2006 a oggi, infatti, Milano ha vissuto un immobilismo civile e un depauperamento sociale a dir poco devastanti. Già in passato, la signora Moratti, in qualità di ministro della Pubblica istruzione, era stata artefice della peggior riforma scolastica mai apparsa sul pianeta Terra, un provvedimento che ha condotto l’ormai traballante apparato educativo italiano verso la più totale 'deresponsabilizzazione civile', avviando l’intero nostro sistema didattico nazionale verso una forma di autonomismo aziendalista dei singoli istituti che ha finito col consegnare fondi e (scarse) risorse a presidi e segreterie amministrative per la realizzazione di percorsi sperimentali strampalati (con meno materie e minori approfondimenti) o progetti educativi inconcludenti. Senza contare l’introduzione del sistema dei 'crediti', con l’antipedagogico merito di indurre nei giovani l’idea che 'comunque vada sarà un successo'. Dopo averci costretto a sopportare la visione di bambini delle scuole medie inferiori obbligati a trascorrere freddissimi inverni nelle proprie aule, poiché nessuno era in grado di comprendere di chi fosse la competenza per la riparazione di un vetro andato in frantumi; dopo averci fatto assistere a veri e propri crolli strutturali di interi padiglioni scolastici; dopo aver imposto una riforma improntata al più ottuso dirigismo che ha chiuso, anziché aprire, il mondo della scuola alla società; dopo aver mandato letteralmente 'al diavolo' la complessa questione di un apprendimento che fosse frutto di un effettivo nutrimento culturale interiore, in cui il progresso tecnologico rappresentato da internet non venisse utilizzato, il più delle volte, solo come operazione di marketing per rappresentare una modernità della scuola inesistente; dopo averci pericolosamente allontanato da quell'immanenza dello spirito che rappresentava il concetto di fondo della pedagogia 'gentiliana' e da quel 'crocianesimo eterodosso' di Federico Chabod, così 'nazional-sentimentale' da mettere a rischio l'Italia intera poiché in grado di generare dei cittadini tolleranti e altruisti; dopo tutto questo, oggi ci chiediamo, non certo a caso, come mai interi percorsi formativi siano 'saltati' formando le nuove generazioni al 'copia e incolla'; come mai ci ritroviamo giovani abituati a svolgere melense 'ricerchine' senza alcuna verifica delle fonti; come mai un fatuo materialismo nozionistico abbia avvolto i nostri figli nel più totale disinteresse verso la propria formazione umana e culturale, verso il proprio futuro, verso la loro stessa vita di domani. Un futuro che, comunque, per molti è già un presente nel quale le rassicurazioni del passato, a chi accusava la signora Moratti di aver dato il proprio avallo a un processo di inculturazione collettiva che avrebbe sancito il passaggio dalla cultura di massa alla massificazione della cultura, non hanno trovato riscontro. Nella 'grande mela' lombarda tutto corre veloce e, più di tutto, la profonda e cocente sconfitta di una società ormai destinata a conformarsi verso le caratteristiche più ipocrite e superficiali della nostra vita quotidiana. Neanche il trucco mediatico della vittoria nella campagna promozionale per l’Expo del 2015 ha funzionato. Non certo per amor di verità (il risultato ottenuto ha poco a che vedere con il lavoro del sindaco Moratti e molto, invece, con quello del nostro apparato diplomatico, dello staff della Farnesina guidato dagli ambasciatori Claudio Moreno e Marcello Spatafora, di quello dell’allora sottosegretario di Stato con delega alla campagna promozionale medesima, onorevole Bobo Craxi, nonché di tutto il Governo Prodi, tanto vituperato e odiato dalla ‘canea’ piccolo borghese del centrodestra). Basterebbe osservare la nuova stazione centrale, che pur rimodernata resta un luogo dove la gente dorme nei sottopassaggi. Palazzi avveniristici e strutture espositive possono attirare i turisti, ma a convivere con i topi di Brera, della villa Reale, dei giardini di Porta Venezia o di via Morgagni restano i cittadini. Ecco, forse – assai più semplicemente – in quale modo i milanesi si sono accorti di essersi 'fatti del male' da soli nel corso di questi ultimi cinque anni di gestione inetta e assurda del comune di Milano. Tutto ciò che nella capitale economica del nostro Paese rappresentava dinamismo ed efficienza è stato ridotto a grettezza morale, a inciviltà giuridica, a 'cortile di paese'. Tutto ciò che era opportunità di futuro, di programmazione economica, di progettualità laburistica è stato calpestato e strangolato: commercianti che chiudono attività ventennali solo perché allo scadere di un contratto si trovano raddoppiato il canone d’affitto; migliaia di balzelli burocratici e solamente doveri; una periferia che avanza sempre più verso il centro; interi quartieri dove i negozi vengono acquistati dai cinesi i quali, non si capisce come mai, problemi di liquidità non ne hanno. La metropoli più 'mittleuropea' d’Italia è stata insomma trasformata nella città dei 'conti senza l’oste', dei fallimenti societari divenuti espedienti finalizzati a patteggiare i debiti per un terzo del loro valore effettivo, dei commercialisti che tengono i conti ma non fanno i consulenti, degli avvocati che neanche alzano la penna senza un assegno da mille euro in mano, in breve in un luogo canagliesco, incivile, ingiusto e 'bastardo', dove per affittare un appartamento mille euro non bastano perché il costo dei canoni di locazione non viene affatto regolato, mentre le case popolari vengono concesse agli stranieri (che poi rispediscono a casa la famiglia e subaffittano ai propri connazionali, creandosi una nuova forma di reddito) perché nessuno controlla.(Laici.it)