Fatta la legge trovato l’inganno

Fatta la legge trovato l'inganno

La nuova legge n. 170 sui Disturbi specifici dell'apprendimento, a pochi mesi dalla sua approvazione, rischia di naufragare nell'inapplicabilità ed essere resa obsoleta, rendendo inutile il faticosissimo il lungo percorso fatto dalle associazioni per la sua approvazione.
In vista delle linee guida che associazioni e genitori attendono con interesse, è necessario fare un approfondimento di rilevante importanza ai fini del successo scolastico degli alunni con Dsa, riguardo ad alcune questioni importanti verificatesi in ambito scolastico nazionale in seguito all'approvazione della legge.
Alle associazioni presenti su territorio nazionale, è stato segnalato da molte famiglie, che la nuova legge, è stata accolta dalla maggior parte delle scuole, con molta diffidenza ed una forte resistenza da parte degli insegnanti nell'applicare tutto quanto concerne gli aspetti compensativi e dispensativi, e là dove la 170 prevede che tutti i docenti valutino la preparazione dei soggetti dislessici attraverso forme di verifica adeguate alle loro necessità formative.
L'articolo 4 “assicura un'adeguata preparazione” dei docenti riguardo queste problematiche e stanzia due milioni di euro per il biennio 2010-2011; ma sembra che la maggioranza delle scuole non abbia a tutt'oggi docenti formati per affrontare la dislessia.
Allo stato attuale non si è riscontrato un utilizzo dell'autonomia scolastica finalizzato ad attuare una “flessibilità didattica” che dia risposte efficaci alle esigenze degli alunni dislessici e alla legge 170.
Ricordiamo che in merito alla flessibilità didattica (Dpr 275/1999 Art. 42), il regolamento dell'autonomia scolastica, offre lo strumento della “flessibilità”: “Le istituzioni scolastiche possono adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune”. Tale flessibilità non è solo nei calendari, negli orari, nei raggruppamenti degli alunni, nell'adeguamento alle esigenze delle realtà locali ecc; ma è prevista anche in tutti gli aspetti dell'organizzazione “educativa” e “didattica” della scuola, e quindi va intesa come:
-Personalizzazione educativa e didattica
-Personalizzazione dei percorsi formativi

Contrariamente a quanto previsto dalla normativa, spesso gli studenti dislessici, non sono dispensati dal leggere ad alta voce, non si prediligono per loro prove orali , né si prevedono tempi adeguati per temi e verifiche, non viene concesso l'uso di mappe concettuali, né tantomeno le valutazioni delle prove, si soffermano sul “contenuto” piuttosto che sulla “forma”, bensì si chiede loro di ricordare a memoria le formule di matematica e chimica,
Questo accade anche se la dislessia è certificata da un centro altamente qualificato che fornisce indicazioni per una collaborazione tra insegnanti e studenti, e a maggior ragione con gli esperti, anzi, si rileva un atteggiamento scettico e ostruzionista da parte di molte scuole, presidi e insegnanti.
Per quanto concerne questi ultimi, si rileva una totale impreparazione rispetto alle metodologie didattiche utili agli alunni con Dsa, una rigidità procedurale e valutativa, con un “alone” di pregiudizio nei confronti degli studenti e dei genitori qualora presentano la diagnosi; tutto questo avviene a tutti i livelli scolastici (con una nuova presa di coscienza da parte della scuola primaria, che è ovviamente quella che si sente più coinvolta, però sempre in modo soggettivo, nel senso che il tutto è ancora dipendente dalla “buona volontà” di alcuni insegnanti), ma è nella scuola secondaria, di secondo grado, che permane lo “zoccolo duro”.
Sono frequenti i casi di presidi e insegnanti che “suggeriscono” di mandare i ragazzi con Dsa in scuole “più facili”, o comunque di tipo professionale ,perchè secondo loro, non essendo più scuola dell'obbligo, l'istituzione non è tenuta a far fronte alle loro particolari necessità, sottolineando con certosina insistenza, che i licei non sarebbero “adatti” a soggetti dislessici e disgrafici, nonostante questi abbiano QI nella norma, e talora superiori alla norma.

A fronte di tale situazione, che permane nonostante l'approvazione di una legge, la 170, che tutela il diritto allo studio dei ragazzi con Dsa, nonostante l'evidente inadeguatezza della situazione scolastica italiana rispetto agli altri paesi europei, (prova ne è il fatto che sia stato necessario approdare, non senza enormi difficoltà, all'approvazione di una legge che dovrebbe tutelare il diritto allo studio, e a veder rimossi tutti quegli ostacoli che ne impediscono la realizzazione e la maturazione della personalità, cosa già ampiamente prevista dall'art. 3 della Costituzione) si rende necessario fare chiarezza su alcuni aspetti di rilevante importanza, se si vuole perseguire una effettiva applicabilità ed efficacia della legge. Che questa non rimanga lettera morta, a causa di evitamenti dovuti alla “cristallizzazione” dell'istituzione scolastica, che avrebbero come risultato la vanificazione e l'annullamento, se non “formale”, certamente “sostanziale”, della 170.
Alla luce di quanto detto, è indispensabile il riferimento alle linee guida, che sono ancora in via di definizione, ma in merito alle quali nessun comitato di genitori è stato consultato e ascoltato, nonostante la qualificata composizione di tecnici, sarebbe utile a completamento del quadro attraverso il parere fondato sull'esperienza diretta dei soggetti con Dsa e delle loro famiglie; considerato che la legge li riguarda direttamente rispetto alla formazione e alle opportunità di sviluppo della personalità, non si può prescindere dalla loro esperienza vissuta in prima persona.
Inoltre, nel senso più tecnico, è necessario tenere conto di un fattore fondamentale per la corretta applicabilità della legge, questo consiste nel mettere il focus su quello che è realmente l'obiettivo di questa, cioè il successo scolastico e formativo dei ragazzi con disturbo specifico dell'apprendimento.
In riferimento a quanto detto circa la “inadeguatezza, vischiosità e resistenza” del corpo insegnanti e dirigenti nell'applicare quanto loro richiesto dai neuropsichiatri, e l'importanza di questa sfida culturale che la nuova legge richiede, è indispensabile prestare particolare attenzione alla questione della “Discrezionalità Tecnica”, al fine di ovviare a tali gap che si vengono a formare tra la prescrizione normativa, l'applicazione sostanziale, le aspettative dei soggetti interessati, e l'aspetto più prettamente “sociologico” , inteso come ricaduta sociale del mancato successo formativo dei ragazzi con Dsa.
Consideriamo quindi i limiti della discrezionalità tecnica in relazione all'applicazione della 170 per il percorso formativo di tali soggetti.
Il limite più macroscopico della discrezionalità tecnica applicata alle disposizioni contenute nell'art.5 della legge 8 ottobre 2010 n.170 la quale, prevede strumenti compensativi e provvedimenti dispensativi, nonché l'utilizzo della flessibilità didattica, già prevista nel Dpr 275/1999 Art.42, è che viene lasciata al soggetto attuatore della norma (insegnanti), la scelta concreta circa l'individuazione e l'applicazione o meno degli strumenti compensativi e dispensativi. Scelta che rientra esattamente nell'ambito della discrezionalità tecnica.
Altro limite, è la sovrapposizione tra la discrezionalità tecnica, e la “discrezionalità amministrativa”, che in questo caso può avvenire. Considerato che, la discrezionalità in un ordinamento di tipo pluralistico, dove sono quindi riconosciute le pluralità degli interessi pubblici che devono necessariamente coesistere in una data società, da ritenersi prioritari al soddisfacimento di tale interesse.
Con l'ulteriore limite consistente nella necessità che l'attività amministrativa sia esplicatrice di logica e imparzialità, oltre che coerente al principio di legalità. Questo ultimo dato, rende difficile l'applicazione di trattamento adeguato alla differenza necessaria nella didattica per soggetti con Dsa nella fase dell'apprendimento, oltre che all'utilizzo di criteri valutativi “elastici”, da applicarsi nella fase successiva.
Da qui la necessità imperativa di non lasciare ai soli insegnati il potere di scelta dei provvedimenti compensativi/dispensativi; ma affiancare a loro figure professionali “specializzate” , non solo nel momento della scelta dei provvedimenti suddetti, ma anche e soprattutto, durante il percorso di apprendimento e valutazione. Attraverso un monitoraggio e controllo sulle fasi dell'apprendimento e della valutazione, attraverso l'espressione di pareri obbligatori da parte di tali figure professionali (neuropsichiatri e psicologi), il cui parere non può e non deve essere scavalcato dagli insegnanti, come ancora avviene.
Considerato che il corpo insegnante ancora non ha avuto la formazione necessaria ad affrontare i disturbi specifici dell'apprendimento, e che comunque anche qualora questo percorso verrà offerto a tutti i docenti, rimarrà comunque uno strumento utile ad applicare le metodologie didattiche, ma il parere fondamentale dovrà rimanere comunque peculiarità delle figure professionali che hanno seguito i bambini nel loro percorso formativo, che non è fatto solo di apprendimento, ma di aspetti psicologici delicati legati all'autostima, alla percezione di sé, a possibili stati depressivi legati a mancata applicazione di giuste didattiche. E che può avere parere finale esclusivamente delle figure professionali preposte.
Poiché lo scopo della legge è quello di dare ai soggetti con Dsa, la possibilità concreta di usufruire di una formazione che non sia di serie B, vista anche la loro potenzialità intellettiva; è necessario tener conto che, se, nell'ordinamento pluralistico vengono riconosciuti tutta una serie di interessi pubblici meritevoli di tutela, tra questi vi è certamente la necessità di evitare sia l'abbandono scolastico che eventuali problematiche della personalità, che potrebbero essere di notevole importanza nella loro ricaduta sociale. E, che, essendo il “fine pubblico” il limite della discrezionalità amministrativa, non si può lasciare agli insegnati solamente, la valutazione dei ragazzi. In tal modo, non si potrà vedere soddisfatto l'interesse privato (cioè il caso singolo di soggetto con Dsa), cosa che condurrebbe inevitabilmente anche alla non realizzazione dell'interesse pubblico (abbandono scolastico e frustrazione).
Questo inoltre, in quanto attinente al merito dell'azione amministrativa, la discrezionalità tecnica sottrae al Giudice Amministrativo la legittimità di valutazione, profilandosi quest'ultima, solo sotto i profili di irragionevolezza, illogicità o travisamento dei fatti. Permette cioè al Giudice, una valutazione esterna di congruità e sufficienza del giudizio, quindi sulla mera esistenza di un collegamento logico tra gli elementi accertati e le conclusioni che da essi si ritiene di trarre. Probabilmente da qui nasce l'arroganza da parte dell'istituzione scolastica, che è ben consapevole di essere quasi intoccabile rispetto ai contenziosi, che potrebbero ritorcersi contro l'Amministrazione stessa nel momento in cui da parte delle famiglie sorga una legittima domanda di giustizia.
Fondamentale in questo senso tener conto del fatto che molte famiglie lamentano la non messa in atto degli strumenti compensativi/dispensativi da parte della scuola; il che profila un' ipotesi di “vizio(i) funzionale(i) dell'attività formativa e didattica in riferimento al modello normativo. Questo anche per evitare la “fatica di Sisifo” delle famiglie, nel richiedere ripetutamente durante l'anno scolastico, l'applicazione di tali strumenti, e dover ergersi a controllori delle procedure scolastiche, cosa frustrante e stancante, che innesca un rapporto di sfiducia e scollamento tra scuola e famiglia, tra famiglia e figli, e tra ragazzi e scuola.
Si è già verificato in molti casi, che la scuola abbia abdicato ai suoi doveri istituzionali nell'applicazione della legge 170, adducendo che non essendo ancora state emanate le linee guida e stipulati i relativi protocolli, le scuole, non avendo necessari riferimenti non possano concretamente attuare i loro compiti.
E' evidente la pretestuosità di tale affermazione; ed è alla luce di questo,che, anche quest'anno molti studenti hanno visti negati i loro diritti riconosciuti formalmente dalla legge 170, ma non sostanzialmente dall'istituzione, che spesso ha attuato un adeguamento di facciata attraverso la stesura di un piano didattico personalizzato che poi nella realtà non è stato rispettato.
Si sono verificati casi di studenti con Dsa, che in terza liceo, a fronte di discalculia sono stati penalizzati in matematica e chimica perchè non si è attuata la normativa rispetto agli strumenti compensativi/dispensativi e sono stati valutati senza tener conto della loro specificità; oppure casi di dislessici e disgrafici sottoposti regolarmente a verifiche scritte anche quando la certificazione medica raccomandava gli orali.
Inoltre la Senatrice Vittoria Franco, ha fatto un'interrogazione parlamentare urgente al fine di garantire esami sereni a studenti dislessici dopo le svariate segnalazioni delle famiglie che lamentano tali incongruenze, e che rappresentano una grave lesione dei diritti dei ragazzi dislessici e disgrafici.
E' quindi fondamentale prendere in considerazione l'opportunità di inserire come priorità nelle linee guida, che le figure professionali che seguono e certificano i ragazzi, abbiano un ruolo parallelo agli insegnanti durante il percorso formativo, e preponderante al momento della valutazione finale, che deve tener conto della specificità di questi soggetti, e che per tale motivo deve essere tenuto in considerazione prioritaria il parere degli specialisti.
In caso contrario, il rischio è che la legge 170 non raggiunga lo scopo per cui è nata: il successo formativo di chi si vede negato il diritto all'istruzione e all'acquisizione di competenze; di non essere messo in grado di fare e di “essere” in questa società. Che la loro dignità di persone non sia riconosciuta nella differenza, che dovrebbe essere valorizzata al fine di renderli liberi di scegliere e determinare la propria concretezza delle loro condizioni particolari e straordinarie, troppo spesso svalutate e considerate inferiori e non degne di formazione.
19.53 11/05/2011

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