Allargare l’area

Se gli editoriali del nuovo direttore de Il Riformista hanno il merito di indicare una linea politica e ideale che sarebbe naturale per un riformatore, libertario, laico, ambientalista e parte integrante del socialismo europeo, il segretario dl PSI Riccardo Nencini ha rilevato che quella di Emanuele Macaluso è una delle poche voci autorevoli della sinistra “a fare esplicito riferimento al socialismo italiano”.

La questione socialista è una delle questioni non risolte della sinistra italiana, nella sua lunga e travagliata storia, come dimostra l’anomalo rapporto, almeno fino al 1989, nei paesi dell’Europa occidentale tra socialisti e comunisti, anomalo sia al tempo dell’unità d’azione, anche questa unica a scala europea, che con il rafforzarsi dell’autonomia socialista.

Il risultato è stato, che l’Italia non ha mai avuto un partito della sinistra in grado di proporsi, come alternativa di governo, alla guida del Paese con un proprio programma e un proprio o una propria leader. Per essere chiaro, al limite della perentorietà, la questione socialista non è la questione, personale o politica, dei socialisti, intesi come iscritti, elettori, militanti, dirigenti o eletti nelle istituzioni dell’antico PSI: molti di loro sono diventati ex-socialisti, con qualche giustificazione psicologica per le discriminazioni e gli ingiusti attacchi, cui sono stati sottoposti nella fase acuta del giustizialismo.

Tuttavia non possiamo fare di problemi personali una giustificazione politica: chi è andato con Forza Italia, prima, o nel PdL poi, nella Lega o nell’UDC. ha scelto di non far parte della famiglia socialista. I riferimenti in termini europei o valoriali dei partiti d’approdo sono semplicemente altri rispetto a quelli della socialdemocrazia, anche quella più moderata.

Il socialismo – italiano, europeo o internazionale, che sia – è un insieme di valori, tradizioni e storie, ma queste non bastano, se non diventano proposte e progetti per il futuro. Pur con metodo graduale e democratico il socialismo non esiste se non è critica della società esistente, delle sue ineguaglianze economiche e sociali, di libertà e privilegi concessi ai potenti e negati alla maggioranza della popolazione.

Razionalmente, il fallimento del neo-liberismo e della globalizzazione, di pochi globalizzatori irresponsabili e di moltitudini di globalizzati, ripropone l’attualità del socialismo nel XXI secolo, non un cane morto nel XX secolo, sepolto dalle macerie del Muro di Berlino.

Ma questo non basta. Bisogna anche scaldare i cuori, e contemporaneamente convincere di avere le ricette giuste e migliori per uscire dalla crisi e ridare potere alle istituzioni democratiche rappresentative, anche a livello sovranazionale, rispetto a lobby, consorterie e gruppi economici e finanziari, operanti nella logica del massimo profitto a corto termine.

Purtroppo in Italia i richiami al socialismo europeo, unico quadro in cui porre la questione socialista, si sono ristretti, invece di allargarsi. I DS sono usciti dal PSE, con la formazione di SEL (che non ha assunto il nome di Socialismo Europa e Libertà) è scomparsa la Sinistra Democratica per il Socialismo Europeo e lo stesso PSI ha rinunciato ad ogni riferimento grafico-simbolico al PSE per privilegiare un socialismo tricolore.

Il PSE, senza una sua riforma, che ne sottolinei il carattere europeo e sovranazionale, non costituisce il perimetro esclusivo del socialismo europeo: un socialismo capace di includere nuovi fermenti a sinistra, come i non brillanti risultati dei suoi partiti testimoniano. Questo e non altro è il compito che dovrebbero assumersi i socialisti in Italia: la terra di missione è la sinistra, che non ha risolto, anzi neppure affrontato, la questione socialista.

Le parole sono pietre e dal punto di vista del solo linguaggio l’aggettivo “social-liberale”, ora evocato anche nel nostro campo, rappresenta un arretramento rispetto a “socialismo liberale” e “liberalsocialismo”, anche in presenza si spunti programmatici interessanti.

Quello che manca in Italia è un socialismo democratico che comprenda le istanze liberali e libertarie, così come sia capace di unire credenti e non credenti in una politica che valorizzi la fede rispetto alle istituzioni religiose.

Una politica è fatta anche da alleanze credibili e i partiti ufficialmente socialisti, dopo lo scioglimento del PSI, le hanno sperimentate tutte, con l’esito di salvaguardare fino al 2008 una sparuta rappresentanza parlamentare, incapace di innestare una ripresa solida e continua dell’area di diretta influenza. Se i socialisti vogliono giocare un ruolo non possono essere un apostrofo rosa tra il PD e l’UDC, ma ritrovare il coraggio degli inizi della loro costituzione in partito nel 1892. (ADL)

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