IL RUOLO DEI SINDACATI

Tempi difficili per il mondo del lavoro nel nostro Paese. La crisi economica, ben lontana dall’essere risolta, ha colpito soprattutto l’attività dipendente; con tutte le conseguenti implicazioni sociali. Si respira aria di rivendicazione sindacale. Insomma, sono previsti scioperi a pelle di leopardo che, tutto considerato, ben difficilmente risolveranno l’annosa questione. E’ sempre stato così e non riteniamo che il sistema cambierà. Un ruolo fondamentale, come per il passato, è giocato dal sindacato e non potrebbe essere altrimenti. Certo è che nella concertazione le forze sociali hanno, progressivamente, mutato il loro ruolo. Non ce ne meravigliamo più di tanto. Ogni struttura, pur se articolata, tende ad una sua evoluzione riguardo alla realtà politica che la coinvolge. Tecnocrazia, Meritocrazia ma, soprattutto, Buon Senso, hanno preso il posto delle lunghe lotte e rivendicazioni selvagge che non avevano mai dato apprezzabili risultati. Tuttavia, non è tutto oro quello che luccica. Qualche distinguo, volutamente non polemico, è necessario farlo. Ovviamente, alla luce della realtà italiana. La “Pax Sociale” è mito o realtà? Quale potrebbe essere il nuovo ruolo del sindacato? E’, forse, mutata la sua funzione nel tessuto della classe lavoratrice? Gli interrogativi ci sono e meritano una risposta; anche se non definitiva. Per cominciare, il sindacalismo italiano, pur nelle sue solide tradizioni, continua a vivere una perenne e dannosa contraddizione. Da un lato persegue, anche se in tono minore, l’auspicata unificazione; dall’altro, prova la via del definitivo sganciamento ideologico dai partiti. Vecchi e nuovi. Le finalità, ovviamente, sembrano più che giustificate. I lavoratori hanno pienamente raggiunto una loro maturità e non è più concepibile un sindacato catena di collegamento, anche se indiretto, con questo o quel partito. La controparte, rispetto al passato, è più preparata al dialogo e sulle mete che si possono raggiungere senza troppo “dilapidare” il guadagno. Del resto, fare del sindacato è, gioco forza, fare anche politica. Di fatto, il politico, nelle contrattazioni di lavoro, non dovrebbe essere anche uomo di partito. Siamo convinti che si può anche avere differenti visioni di uno stesso problema; ma è irrealistico modificare le mete che possono essere raggiunte perché lo vuole la politica. Chi vive la realtà lavorativa italiana dall’interno, si rende spesso conto di certi scollamenti che, per la loro confusione, turbano le possibilità di riuscire già sin troppo contenute. Ne consegue che non tutte le agitazioni sindacali hanno una motivazione tecnico/economica sostanzialmente accettabile a livello globale. Molti scioperi, e le cronache nazionali non sono state avare di particolari, hanno anche evidenziato ben più profonde preoccupazioni politiche che sindacali. Per essere coerenti, ma coerenti sul serio, è necessario considerare il sindacato, pur nelle sue varie realtà ideologiche, come preferenziale interlocutore con qualsiasi controparte. In altri termini, è fondamentale che esso rappresenti un serio mandato da parte di tutta la classe lavoratrice, senza condizionamenti di sorta. Purtroppo, oggi non è ancora così. Nell’auspicata prospettiva di una ripresa economica e produttiva, ci sembra importante accertare il reale ruolo del sindacato. Essere polemici, costi quel che costi, ha fatto anche storia. Ma è acqua passata. E’ giunto il momento di cambiare. Non c’è più posto per le cordate di comodo e per le vittorie strategiche che non durano. Oggi il ruolo del sindacato, indipendentemente dalla sua sigla, dovrebbe portare al raggiungimento di mete comuni e condivise da chi vuole lavorare in armonia con chi offre lavoro. Le altre scelte non solo non risolvono, ma complicano le risorse, già limitate, del mondo produttivo nazionale. Un male per il Paese ed i potenziali Lavoratori.

Giorgio Brignola

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