Resa davanti alla morte, che ci fa sentire sempre perdenti

Stefania Rossini, su L'Espresso n. 15 del 14 aprile, pubblica una lettera di Renato Pierri, il quale nella sostanza osserva come un animaletto affetto da malattia inguaribile, accompagnato alla morte per evitargli unutili sofferenze, sia in fondo più fortunato di un malato terminale al quale la dolce morte, invocata disperatamente al fine di porre termine ad atroci sofferenze, viene negata. La giornalista, rispondendo, scrive: “Accompagnare un animale alla morte è esperienza comune…Come è comune il senso di serenità che segue a questa scelta: si è affrontato in anticipo il dolore della perdita salvando l'altro da una inutile sofferenza. Va riconosciuto però che quella serenità nasconde anche una punta di onnipotenza: ci sentiamo vincitori sulla morte perché l'abbiamo preceduta, attutendo il suo potere annichilente”. Onnipotenza? Vincitori? Viene da sorridere. Semmai è il senso d'impotenza di fronte alla sofferenza inutile e insopportabile, che ci spinge ad anticipare una morte annunciata ed inevitabile. Al più saremmo vincitori della sofferenza. Ma in realtà è una resa davanti alla morte, che ci fa sentire sempre perdenti.

Miriam Della Croce

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