Il Governo a trazione leghista sta acuendo un problema su cui sarebbe utile e necessario aprire un dibattito e un approfondimento. Si sta creando nel nostro Paese una nuova questione meridionale, figlia di scelte politiche ed economiche che sono volutamente penalizzanti per il Mezzogiorno. Nella prima Repubblica le distanze tra Nord e Sud sono rimaste più o meno quelle che erano ai tempi dell’Unità d’Italia. Il Sud andava al traino del Nord più ricco e opulento, ma riusciva, nonostante tutto, anche grazie spesso a politiche assistenzialistiche, a tenere il passo.
Ma le politiche per il Mezzogiorno, almeno negli anni ’50 e ’60, erano la conseguenza diretta di studi di importanti meridionalisti: Croce, Salvemini, Compagna, tanto per citare solo qualcuno dei più noti, proponevano soluzioni che poi la politica ascoltava e che spesso cercava di mettere in pratica.
Con l’avvento di Berlusconi, e con l’incidenza sempre maggiore della Lega, le differenze tra Nord e Sud sono aumentate facendo registrare, nei maggiori indicatori economici e sociali, una vera e propria inversione di tendenza rispetto al lieve recupero dei cento anni precedenti. E quindi sono peggiorati i servizi, è aumentata la disoccupazione, soprattutto quella giovanile e femminile, e col federalismo nel Meridione si pagheranno più tasse.
Del resto se il Governo è condizionato dalle scelte della Lega, un partito territoriale che non nasconde mire secessioniste, le scelte economiche, politiche, sociali, non possono di certo andare nella direzione della solidarietà e dell’equità.
Non è un caso, quindi, che anche i decreti attuativi del federalismo siano macchiati da questo peccato originale. Le regioni del Nord avranno vantaggi economici enormi, quelle del Sud saranno penalizzate e a nulla serviranno i pochi spiccioli che Tremonti ha concesso al fondo di perequazione. Francamente, non capisco come il Pd abbia di fatto avallato il federalismo regionale con un voto di astensione incomprensibile. Basta guardare i dati sul sito della Cgia di Mestre per rendersene conto.
Insomma, credo sia arrivato il momento di approfondire le questioni e di dar vita a un movimento di opinione pubblica che affronti con rigore scientifico e tanta passione politica la questione meridionale, che si è drammaticamente aggravata in questi ultimi anni. Anche per colpa della classe dirigente del Sud.