IL FEDERALISMO ALLA ROVESCIA: AUMENTANO LE TASSE E IL DIVARIO TRA LE REGIONI

La Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale ha approvato il decreto legislativo sul fisco regionale e i fabbisogni standard in sanità. Tradotta in soldoni, la formula del Governo è: + tasse per tutti, – equità, – solidarietà = Italia spaccata. Come esponente dell’IdV ho votato decisamente contro un provvedimento che introduce nuove tasse, invece di alleggerire la pressione fiscale territoriale, e penalizza le Regioni meridionali, piuttosto che favorire uno sviluppo omogeneo del Paese. In questo modo si crea un’Italia a due velocità: si aggraveranno le difficoltà delle zone più svantaggiate, costrette ad inseguire le prospettive di crescita con una pesante zavorra. Chi veramente ci guadagna dal federalismo è solo l’elettorato leghista. La posizione del Pd è, per questo, francamente incomprensibile.

I Democratici si sono infatti astenuti, impedendo che si raggiungesse la parità in Commissione: in questo caso il parere sul decreto sarebbe stato respinto e avremmo smascherato, ancora una volta, la debolezza del Governo e l’iniquità dei suoi provvedimenti. È evidente che questo federalismo è sbilenco: rappresenta una politica settaria, che cura un orto ben delimitato, mentre il resto del territorio inaridisce.

Sul piano delle entrate, per chi ha un reddito basso in una Regione svantaggiata, l’Irpef sarà più cara rispetto a chi ha un reddito elevato e vive in una zona più ricca. Ciò favorirà il fenomeno dell’elusione fiscale, con cambi di residenza verso le Regioni con un fisco meno gravoso, aggravando peraltro la differenza di gettito tra le zone del Paese. Aggiungiamo i tagli dei trasferimenti, la tassa sulle calamità (la possibilità di aumentare l’addizionale e le accise sui carburanti nelle Regioni colpite da disastri naturali) e le difficoltà strutturali del Sud e il quadro è allarmante. Usare l’Irpef come principale fonte di finanziamento delle funzioni non essenziali, come il trasporto pubblico locale, è troppo penalizzante per le casse del Mezzogiorno, dove si sconta un maggior tasso di disoccupazione e quindi un minor livello di contribuzione.

Ma anche l’Iva verrà parametrata sui consumi territoriali, mentre vengono trasformati in regionali tributi come la tassa di abilitazione professionale o quella sull’occupazione di aree pubbliche. Inoltre le Province, piuttosto che essere opportunamente soppresse, conteranno su una compartecipazione all’Irpef e su una tassa di scopo allungata di 10 anni. Anche le Città metropolitane, che ancora non sono state istituite, potranno introdurre un’addizionale sui diritti di imbarco e sulle emissioni sonore degli aeromobili.

Sotto il profilo delle uscite, con il federalismo regionale il fondo perequativo, da cui dipenderà la coesione nazionale, non diminuisce il divario Nord-Sud, forse lo aggrava. Allo stesso modo il fabbisogno standard, quindi i finanziamenti in sanità, è determinato sulla media del costo registrato in tre Regioni-campione del Nord, Sud e Centro: poiché si basa sulla popolazione, la Regione più piccola, sicuramente meridionale, avrà poca incidenza sul calcolo della media, falsificando il fabbisogno a favore del Nord. E, quasi sicuramente, sarà la Basilicata.

Contro queste misure inique, abbiamo chiesto che fosse inserita la deprivazione, ovvero la ponderazione delle divergenze sociali presenti nel Paese, per affrontarne le difficoltà strutturali con particolare riferimento al Sud. L’Italia dei Valori ha presentato inoltre degli emendamenti per incentrare il federalismo sul merito degli amministratori e sulla qualità dei servizi: riteniamo che se il Presidente di una Regione è rimosso a causa del fallimento finanziario, non possa più essere candidato ad alcuna carica elettiva; sarebbe necessario poi dare corso alle procedure per lo scioglimento dell’ente locale appena si ravvisano situazioni di dissesto, prevedendo la non candidabilità degli amministratori responsabili; infine, abbiamo proposto di inibire ogni autonomia nella scelta fiscale regionale che non sia finalizzata a diminuire le imposte, anche con la soppressione esplicita di ogni nuovo balzello introdotto.

Queste le semplici ed efficaci misure per promuovere lo sviluppo equo e solidale, il principio dell’autonomia e responsabilità degli enti locali e la diminuzione delle tasse a livello territoriale. La stessa Cgia di Mestre ha stabilito che questo federalismo è l’esatto opposto di una riforma positiva per il Paese: saranno penalizzate molte Regioni del Centro e tutte quelle del Sud, mentre avranno dei vantaggi le Regioni del Nord. Un federalismo alla rovescia, che somiglia tanto ad un tentativo di secessione.

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