De Magistris: "Ma i democratici a Napoli sono con me"

La redazione IDV

Europarlamentare sì, ma napoletano doc. Dall’Idv l’accento inconfondibile di Luigi de Magistris scende in campo per la poltrona a sindaco di Napoli. E il suo leader, Antonio Di Pie­tro, lo appoggia.

De Magistris, pace fatta con Tonino?

Siamo due personalità simili per storia, e diverse, ma questo arricchisce. Nel partito la dialettica è vivace. Per Napoli ho avuto sollecitazioni da Sel, da parte del Pd, e da Antonio Di Pietro stesso. Non è la ricomposizione di una rottura. È la dimostrazione che l’Idv sa anche proporsi con un progetto di governo per la terza più grande città d’Italia. Con Di Pietro, in questa battaglia, andremo alla grande: la sfida ha in sé una forte carica rivo­luzionaria.

Candidatura per «unire e non dividere», dice. Pd incluso?

Non è, come si vuol far credere, una forzatura, ma un’occasione concreta fornita al Pd per uscire dall’impasse. Non abbiamo partecipato alle primarie perché abbiamo fiutato che erano un qualcosa di tutto interno al partito e non un momento di democrazia. Ma non abbiamo creato tensioni, per i tanti militanti hanno partecipato speranzosi. Poi l’esito è stato “congelato” dal Pd stesso, ma non è stata fatta chiarezza. E quelle primarie che dovevano rilanciare il centrosinistra hanno avuto l’esito opposto. Ho poi spinto – e il Pd ci ha messo il cappello – per la candidatura del magistrato an­ticamorra Raffaele Cantone. Di Pietro ha proposto il mio nome qualora Cantone non fosse sta­to disponibile. Abbiamo lavora­to per il sì di Cantone, che non è arrivato, e atteso altre candidature forti. Il Pd non è stato in grado di produrle, e ora non c’è più tempo da perdere. Può essere un’occasione di rilancio, per strappare la città dalle truppe co-sentiniane e casalesi. A meno che non si sia una pregiudiziale sul mio nome.

Ci potrebbe essere?

In nessun tavolo ci è stato detto che Napoli è una città che non può non essere rappresentata da un candidato del Pd. Se le primarie si fossero svolte con regolarità il discorso sarebbe stato differente. Capisco le difficoltà del Pd, ma comprendo meno il nervosismo di Andrea Orlando. Mi suona un po’ strano che venga chiesto ad un ex magistrato di tirarsi indietro dal fare qualcosa per Napoli.

Che eredità troverà se eletto?

La situazione a Napoli è disastrosa. L’ex assessore al bilan­cio, che stimo e che mi sta appoggiando in queste ore, Riccardo Realfonzo, si è dimesso perché aveva scoperto cose poco chiare. È necessaria una discontinuità.

Anche dal Pd?

C’è bisogno di una discontinuità all’interno di tutto il centrosinistra. Non è un caso che anche il Pd abbia fatto pressione su Cantone: evidentemente aveva difficoltà a trovare nomi che potessero assicurare la discontinuità necessaria.

Il niet di Orlando, però, è netto.

Il punto è che gli sfugge la situazione napoletana. Sto avendo contatti con tanti compagni del Pd: c’è convergenza.

Anche con la tornata referendaria primaverile l’Idv sembra essere una spina nel fianco democratico.

L’Idv è una forza importante ma di minoranza, lo sappiamo. Quello che vogliamo è un cammino verso l’unità.

Rosy Bindi però apre e firma l’appello per l’accorpamento di referendum e amministrative.

Speriamo: abbiamo rispetto politico e personale per la Bindi.

Solo che il referendum sul legittimo impedimento sembra l’ennesima consultazione però o contro Cav.

La Corte Costituzionale ha tolto le parti manifestamente incostituzionali, ma resta una corsia preferenziale in contrasto con l’articolo 3 della Costituzio­ne. Poi non c’è dubbio: è un referendum sul potere di Berlusconi, un pesante giudizio poli­tico sul suo abuso di potere, soprattutto sulla giustizia.

Intervista pubblicata sul Riformista di oggi, a firma di Angela Gennaro

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