La televisione spianata

Non ha senso parlare di dittatura, da noi. Lo si sente dire spesso. Certo, se la dittatura è quella dei mitra spianati, delle esecuzioni di massa e dell’espulsione forzata dei dissidenti, come non dar ragione a chi la nega. La dittatura, però, si definisce in termini di un dominio di pochi, o di uno solo, nei confronti di una popolazione inerme, tenuta fuori dalla politica, privata di ogni possibilità di partecipazione, di espressione del proprio dissenso, di cambiamento. A ben pensarci il fucile, ormai, fa troppo rumore; è un meccanismo arrugginito, capace solo di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale. Il suo boato semina discredito e isolamento, provoca fastidiosi embarghi, condanne, sanzioni internazionali. Per non parlare dei pericolosissimi processi insurrezionali “di ritorno” che è in grado di innescare. Una moderna dittatura non si regge sui fucili. Lo ha spiegato già in tempi più che sospetti, il ministro nazista Goebbels, con la sua politica di diffusione della radio in ogni famiglia. L’arma micidiale, in grado di far passare a chiunque (o quasi), la voglia di combattere contro le ingiustizie è la propaganda. Di questi tempi il fucile è l’immagine, il televisore spianato. Milioni di persone private improvvisamente del proprio lavoro; manifestanti, tramutati in pericolosi rivoltosi, bastonati dalla polizia e condannati persino da passanti e negozianti; racconti disperati di madri lasciate a casa senza i soldi per pagare l’affitto; allarmanti ritornelli sul miraggio dell’ arrivare alla fine del mese. Dall’altra parte le storie dei grandi. I grandi industriali che impongono le regole ad operai, che o le accettano o restano a casa. I grandi che spendono fortune in lussi, ostentando un potere che, volutamente, è ormai in grado di incantare chiunque. Il potere dei soldi. I grandi che sguazzano nei loro scandali e ne escono addirittura rafforzati; che comprano e vendono uomini e donne come fossero carote. E dietro a tutto l’avviso, subdolamente implicito: “Tentare di abbatterci significa solo farsi male”.
Chi nega la dittatura pensi alla paura di dire da che parte sta, di scioperare, di dissentire. Pensi agli esiti delle grandi decisioni, delle mozioni, dei referendum dimenticati, dei voti di fiducia, delle votazioni in fabbrica. Chi la nega ricordi che è tipico di ogni dittatura l’essere disconosciuta da chi la subisce. La dittatura che ci punta addosso il televisore sa ormai camuffarsi bene, dopo decenni di maquillage. Sa che basta aspettare il momento giusto, quando al rivale mancano i numeri; basta comprarsi gli oppositori e i testimoni, perché – come la Tv insegna – ogni uomo ha un prezzo. Basta far votare i dirigenti con gli operai, censurare tra le notizie il prossimo sciopero, non parlarne negli ambienti di lavoro, non far passare le circolari nelle scuole. Basta individuare le RSU tra i vertici dell’azienda, tra i vicepresidi delle scuole, tra i collaboratori dei potenti: come per magia la lamentela si tramuterà in auto-denuncia! Parola d’ordine: trovare il cavillo, nascondere l’asterisco, camuffare! Se hai la Tv dalla parte del manico puoi stravolgere le parole. Partendo dai sostantivi (sindacati al posto di “corporazioni”, missione di Pace invece di “occupazione di pozzo petrolifero straniero”, ecc), a cui incollare nuovi aggettivi (rosse come le toghe, inaccettabili come le inchieste scomode…). Il tutto con contorno di mode di dire come “Fare un passo indietro”, “Senza se e senza ma”, ecc. Per poi ricattare chi prova ad alzare la testa minacciando un licenziamento, una nota disciplinare, una sospensione, una decurtazione dello stipendio, una bocciatura. E, per salvare le apparenze, ben vengano le innocue trasmissioni dissenzienti: basta tenere costantemente sotto “telefonica” minaccia i relativi conduttori, e il gioco è fatto!
Perché ad una dittatura evoluta non interessa più che tutti la pensino come il capo. Anzi: il sussistere delle opposizioni non fa che aiutarla a travestirsi sempre meglio da democrazia. La dittatura del terzo millennio sa di aver bisogno di rivali per dimostrare al mondo la propria liberalità. Basta solo spaventarli al punto giusto, i rivali! Basta neutralizzarne le potenzialità più distruttive, Basta renderli impotenti, ininfluenti. Che si lamentino pure, che strillino! L’importante è che in nessun modo riescano a mettere in difficoltà il Padrone.
L’inconscio! Questa grandiosa invenzione, su cui i dittatori degli ultimi cento anni hanno edificato la propria fortuna. L’inconscio registra tutto, impara, assorbe passivamente. L’inconscio di ogni telespettatore, di ogni “abbonato in prima fila”, apprende pian piano di trovarsi di fronte a qualcosa molto più grande di lui; un mostro che in ogni momento può schiacciarlo. Una creatura invincibile, che risorge continuamente dalle sue stesse ceneri, dalle sue stesse miserie.
Così tutti (o quasi) abbandonano la lotta e da bravi Teletubbies si rimettono in fila.
Naturalmente in “prima fila”!

Pietro Ratto

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