Rivolta popolare in Egitto. Amnesty: "Si rischia un bagno di sangue"

Amnesty International chiede alle autorità egiziane di “riprendere il controllo delle forze di sicurezza” e sottolinea che i manifestanti “hanno il diritto di organizzare e svolgere le proteste senza paura di intimidazioni, violenze e arresti”

Le autorità egiziane “devono riprendere il controllo delle forze di sicurezza per evitare un bagno di sangue e smetterla di fare affidamento sul trentennale stato d'emergenza per vietare le manifestazioni e procedere a perquisizioni e arresti sommari”. E' quanto dichiara in una notaHassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.

Amnesty International sottolinea che i manifestanti hanno il diritto di organizzare e svolgere le proteste senza paura di intimidazioni, violenze e arresti. Al contrario, sottolinea l'ong, la scorsa notte le comunicazioni con gran parte dell'Egitto sono state interrotte, comprese Internet e la telefonia mobile. In precedenza, erano stati bloccati anche i servizi di messaggeria mobile, nonché Twitter e Bambuser. Noti attivisti per i diritti umani si sono visti disattivare le loro schede telefoniche.

“Con questa decisione di impedire le comunicazioni tra gli egiziani – aggiunge Sahraoui – le autorità hanno mostrato fino a che punto sono determinate a impedire il diritto di manifestazione pacifica”. Amnesty International ha quindi condannato l'uso sproporzionato della forza e il ricorso immotivato a proiettili di gomma e forza letale nei confronti dei manifestanti.

L'intervento delle forze di sicurezza per stroncare la rivolta popolare in corso in Egitto da martedì 25 gennaio ha così provocato almeno otto morti e un numero maggiore di feriti. Secondo avvocati e attivisti per i diritti umani, i manifestanti arrestati sono almeno 1120. Alcuni di essi hanno riferito ad Amnesty International di essere stati picchiati durante e dopo l'arresto e di essere stati privati di cure mediche. Ieri, 27 gennaio, sono stati arrestati anche otto esponenti del direttivo dei Fratelli musulmani, tra cui Eissam Aryan e Mohamed Mursi, e altri 20 rappresentanti del movimento in varie città del paese

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