Il Vajont 47 anni dopo – Micaela Coletti

L'Italia è sempre uguale a sé stessa. Dalla tragedia del Vajont, avvenuta 47 anni fa, non è cambiato nulla. La testimonianza di Micaela, una sopravvissuta di Longarone, assomiglia in modo impressionante a quelle dei terremotati de L'Aquila. Ciò che più colpisce è l'eterna mancanza dello Stato che, come riportato nell'intervista, negò persino il diritto ereditario ai parenti delle vittime con un cavillo legale. Oltre allo Stato è assente anche la sua gemella, la Giustizia, ieri come oggi. L'ONU decretò il Vajont come la più grande tragedia dell’umanità dovuta all'incuria dell’uomo. Morirono dalle 2.000 alle 4.000 persone. I responsabili furono condannati “per inondazione” e scontarono solo un anno e mezzo di prigione. Oggi, forse, sarebbero in Parlamento.

Intervista a Micaela Coletti, Presidente Comitato Sopravvissuti del Vajont

Il cimitero telematico del Vajont ( espandi | comprimi)
“Sono Micaela Coletti, Presidente del “Comitato per i sopravvissuti del Vajont” e sopravvissuta alla tragedia del 9 ottobre 1963. Siamo nel cimitero delle vittime a Fortogna dove riposano tutti coloro che quella notte sono morti, questo è un cimitero però che nel 40° è stato rifatto in pratica, inizialmente il cimitero non era così, mentre questo è un cimitero che è un falso storico perché non ricorda la cosa più emozionale e più importante che è il discorso dei non riconosciuti perché se è vero, com’è vero che sono morti 2.000, anche se 2.000 è un numero convenzionale, dobbiamo ricordare che meno della metà sono stati riconosciuti, tutti gli altri non hanno un nome. Noi per 39 anni abbiamo fatto un certo percorso per andare a trovare i nostri, adesso facciamo lo stesso percorso e non ci troviamo più con il cippo e il nome, addirittura all’interno del portale hanno messo un personal computer, noi digitiamo il nostro cognome e ci viene detto che strada percorrere per andare a trovare il cippo che rappresenta i nostri cari e questa è sicurezza matematica che nella realtà è stato stravolto anche questo e per noi è un dolore grandissimo, abbiamo perso per la seconda volta la nostra identità.
Poi si vede quello che è successo, persino la terra si è alzata di parecchi metri, proprio per la forza dell’acqua. Qui si era formato addirittura un lago, proprio davanti alla diga, grande 40 metri, erano entrati anche i sommozzatori. Qua c’era il paese di Vajont, questo è quello che è rimasto. E questo è il luogo in cui adesso vorrebbero fare la centralina, è importante non soltanto perché si ha l’idea di quello che era Longarone, per esempio abitavo qua vicino proprio alla chiesa e quella notte ho fatto un volo di 350 metri in linea d’aria, mi hanno trovato proprio qua davanti dove erano le scuole.
Siamo ai piedi della diga, vediamo l’acqua che continua a uscire e questa è l’acqua che vorrebbero usare, incanalare per fare la centralina e usufruirla per il beneficio dei longaronesi. Noi siamo contrari perché quest'acqua continua comunque a passare per tutta la frana e a lavare le ossa di quelle 100 persone che insieme alla frana sono cadute dentro nella diga. Ecco perché noi diciamo che questo è un luogo sacro e questa è un’acqua sacra, però se è vero com’è vero che l’ONU nel 2008 ha decretato la tragedia del Vajont la più grande tragedia dell’umanità creata dall’incuria dell’uomo, non credo si possa smentire tutto questo, usando un’altra volta l’acqua per mano dell’uomo e soprattutto per interesse. Allora vuol dire che il Vajont niente ha insegnato.
La centralina dovrebbe essere fatta qua, usando l’acqua di scarico della frana. Se i vari comuni, soprattutto il comune di Longarone che nel 1999 per la conclusione del processo ha avuto addirittura 77 miliardi nel 2010 e nel 2011 ha un così bisogno estremo di soldi, 300 mila Euro all’anno, mi domando che fine hanno fatto gli altri soldi, perché non credo sia capibile come un comune possa buttare 77 miliardi che non erano per la gestione normale di un paese, questa era una specie di regalia dei soldi, sopra i soldi normali della gestione del paese, perché nessuno ha chiesto a noi come avrebbero dovuto essere gestiti?

Nessun risarcimento ai sopravvissuti ( espandi | comprimi)
Come si vede c’è un pezzo della diga e poi dove ci sono i pini, quella non è una montagna, ma quella è un pezzo della frana che quella notte si è staccata, in realtà poi è davvero una montagna e c’è una difficoltà proprio fisica anche nel capire, almeno alle 22,45 il 9 ottobre 1963 si è staccata la frana, quando la frana si è staccata e è entrata nel bacino, l’acqua si è alzata più di 200 metri, ha scavalcato queste due montagne, le ha grattate, è piombata a più di 90 km/h. Proprio qui davanti, dove c’era il paese di Vajont, l’acqua si è divisa in due. La prima parte ha immediatamente lavato Longarone, la seconda ondata è andata verso Pieve di Cadore per cinque km, poi è ritornata indietro, il danno più grande dicono sia stato procurato dallo spostamento dell’aria che è stato equiparato a due bombe di Hiroshima. Il mattino dopo qua era tutta una spianata di fango, non esisteva più niente e nessuno, addirittura il territorio, il terreno dove sorgeva prima Longarone anche quello si era alzato di parecchi metri perché proprio la forza dell’acqua aveva alzato, grattato totalmente tutto. C’erano soltanto sassi bianchi e niente altro e tanto fango, tanto fango e tanto fango. Il fatto che siano morti, si ritenga che siano morti tutti nello stesso momento ha avvalorato una legge del 1926, che è stata scovata dall’allora capo del Governo Leone e quando è arrivato a Longarone e ha parlato con quei pochi superstiti che chiedevano giustizia, lui è andato a Roma e ha detto: porterò a Roma la vostra giusta richiesta di giustizia, tant’è vero che appena arrivato a Roma cosa ha fatto? E’ diventato addirittura il capo degli Avvocati della Sade diventata Enel e è lui che ha scovato questa legge del 1926 che non era mai stata applicata la legge sulla comorienza, la quale dice che quando due persone di stretta parentela come un madre e un figlio muoiono nello stesso momento non lasciano eredi.
Proprio per merito di questa legge noi non abbiamo avuto il diritto di ereditare da parte dei nostri parenti, per cui non abbiamo avuto nessun tipo di diritto, assolutamente, tant’è che noi non abbiamo avuto neanche una casa, la cosa più semplice e normale era poter avere almeno una casa, non abbiamo il diritto di avere un aiuto psicologico, l’abbiamo chiesto tante volte ma non l’abbiamo ancora ottenuto, non abbiamo il diritto di essere curati in maniera gratuita perché comunque noi non abbiamo neanche una cartella clinica che dimostra le problematiche fisiche che abbiamo dovute subire quella notte, quando un bambino o una bambina come me a 12 anni si trova a dover fare 350 metri in linea d’aria di volo, trovarsi totalmente sottoterra, avere fuori soltanto un piede e una mano, penso che qualche problema non soltanto psicologico ma anche fisico abbia da averlo. Però noi non abbiamo nessun documento per cui non possiamo neanche chiedere un aiuto in questo senso. Noi non abbiamo avuto assolutamente niente, l’unica cosa che abbiamo avuto è stata la fortuna, dicono, di esserci salvati, ma questa poi adesso viene ritorta contro di noi e sembra quasi che la nostra sia una grandissima colpa!

I colpevoli di “inondazione” hanno fatto un solo anno di galera ( espandi | comprimi)
I presunti colpevoli sono stati giudicati colpevoli di inondazione, hanno avuto 6 anni come pena, hanno fatto un anno e mezzo e sono stati rilasciati per buona condotta, questa è la giustizia per quanto riguarda la tragedia del Vajont. Longarone, bellissima, era chiamata la piccola Milano, sono ancora tanto orgogliosa di quello che era Longaronee questo è quello che è rimasto in realtà, questa sarebbe questa casa l’ex scuola.
Pirago: come si vede tutta la spianata, questa era la chiesa, è rimasto soltanto il campanile, qua sono i primi giornali dove si parlava di 4 mila vittime, poi 3.500, poi sono diventate 2 mila perché comunque 4 mila erano un numero talmente grande che spaventava proprio… la mia famiglia, questa sono io, questo è il mio papà, mia mamma, aveva 40 anni compiuti da 4 giorni, mio papà ne aveva 43, questa è mia nonna, questa sono io a Pieve di Cadore con la Titti Di Savoia. Questo è l’unico documento che ho che riguarda il fatto che io sia stata ricoverata a Pieve di Cadore, perché altrimenti documenti non ne esistono.
Questo è mio papà e questo è mio papà la mattina dopo, questa è la morte del Vajont, così si muore nel Vajont e questo è quello che vorremmo far sapere, nessuno è morto nel loro letto, assolutamente nessuno, nessuno è morto perché ha avuto un incidente in macchina, nessuno ha perso quello che ha perso, casa compresa perché è andato a giocare a scopone o quant’altro, sono stati assassinati e ci hanno rubato tutto! Lo Stato ci ha depredato di qualsiasi cosa, mio padre? E’ stato riconosciuto il 20 febbraio 1964 e dopo 47 anni noi ancora non sappiamo come sono morti, vorrei tanto saperlo.”

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