Altro sangue italiano in Afghanista. E’ il prezzo da pagare

Alla volte rimango incantata dalle parole piene di umanità, sincere, senza la minima ombra d'ipocrisia, dei nostri uomini politici. L'originalità delle espressioni è prova dalla spontaneità. Un cecchino ha ucciso una bravissima persona, un militare italiano, in Afghanistan, e i nostri politici hanno manifestato tutto il loro dolore. Giorgio Napolitano ha appreso “con profonda commozione”. Berlusconi ha “appreso con dolore”. Gianfranco Fini non solo con “dolore” ma anche con “preoccupazione”. Schifani parla di “una pagina dolorosa per l'Italia”. Tutti molto vicini alla disperazione della famiglia della persona uccisa. Nessuno ovviamente pensa all'unico modo per evitare che altro sangue italiano venga versato in terra straniera. Ed è giustissimo. Bisogna prima stanare uno per uno i terroristi che si nascondono in Afghanistan, altrimenti quelli vengono in Italia e fanno saltare le nostre case e le nostre chiese. E poi bisogna che in quel paese martoriato si instauri la democrazia. Altri militari, altre brave persone italiane saranno uccise, ma è il prezzo da pagare sino a che in Afghanistan non ci sarà la pace. Solo allora i soldati torneranno, quando le donne, se lo vorranno, getteranno il burka alle ortiche, quando gli uomini le rispetteranno, affidando magari proprio a loro il governo del paese, quando non si coltiverà più l'oppio, quando…Solo allora i soldati italiani torneranno. Bisogna aspettare. Ci vuole pazienza. Tanta pazienza. Oppure torneranno non appena sarà Obama, il premio Nobel per la pace, a decidere di ritirare i marines?

Veronica Tussi

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