Carlo D’Oria è uno scultore che da anni lavora con una profonda introspezione, analizzando le dinamiche umane in relazione dell’agire giornaliero di tutte le persone, proponendo la visione di uno spaccato sociale, della lotta nel riscoprire quotidianamente se stessi in nuovi valori, con il peso del dubbio di aver mal interpretato i vecchi e del “falso” riconoscimento in quelli nuovi.
Simboleggiano il senso del “tradimento” dello Spirito hegeliano, nel quale il contesto storico-sociale non riconosce più all’ uomo l’importanza della sua essenza ed esistenza.
Il supporto bianco è lo spazio neutrale nel quale sono sempre aperte le scommesse del “gioco della vita” , dove l’uomo trova davanti a sè un grosso vuoto all’interno del quale riscontra una profonda solitudine. Si trova a dover contare solo su di sé, con il peso delle angosce del passato, della sua storia e l’incertezza dell’avvenire; un mondo nel quale non si riconosce più e nel suo cammino, lascia “tracce di sangue” indelebili , che diventano una grossa “ombra rossa” , testimonianza delle ferite dell’anima inferte nel suo passaggio nella storia dell’umanità, dove però esiste la possibilità di riscatto e rinascita.
In queste opere l’uomo è rappresentato in piccole dimensioni, perché consunto e logorato dai suoi conflitti interiori, i dubbi, le delusioni che sono l’esito di speranze ed aspettative profondamente deluse.
E’ una partita aperta con il “destino sociale” dove ogni uomo, traendo spunto dallo spirito del Sisifo camussiano nella ricerca di senso nel non-senso, ha la speranza e la forza di trasformazione e rigenerazione.
