di Chiara Scattone
Penso, dunque sono. Ma se invece capovolgessimo l’assioma cartesiano? Sono ed è la mia essenza che mi rende capace di ragionare. Secondo il filosofo Cartesio è la ragione, la facoltà di pensare, che rende gli esseri umani dissimili dagli animali, perché è proprio nella nostra capacità di riflettere che sussiste l’unica certezza umana: la differenza dagli essere animali (e non umani). Ma oggi tale assioma risulta ancora valido? Certamente, la ragione è ciò che ci differenzia dalle bestie. Ma se la nostra essenza avesse preso il sopravvento sulla ragione? Il nostro essere, il naturale desiderio individuale di apparire è divenuto, piano piano, l’elemento caratterizzante della società contemporanea, proprio perché è nell’apparire, nel mostrarsi davanti agli altri membri del gruppo sociale che l’uomo si realizza. Per cui, io sono e mi mostro al mondo: la ragione è una connotazione accessoria, il dubbio che attanaglia le certezze umane e che trovava un po’ di realizzazione nell’unica certezza data dell’essere homo sapiens e, dunque, pensante viene meno. Siamo diventati tutti homo visibilis? È certo che oramai la previsione di Warhol ha superato se stessa: se un tempo ci si accontentava di almeno un quarto d’ora di celebrità (quindici minuti che non si negano a nessuno), oggi è più o meno il contrario: la vita di tutti i giorni è posta sotto osservazione, monitorata e studiata, criticata e applaudita da un pubblico divenuto morbosamente curioso. La visibilità richiesta e agognata, la fuoriuscita da uno stato di non-conoscenza è l’obiettivo cui si aspira. La manifestazione più illuminante e banale di questa affermazione è il reality ‘Grande fratello’, ma probabilmente tale programma televisivo è solo un sintomo, uno dei tanti, perché il desiderio di visibilità a tutti i costi, così come di una sostanziale abolizione di una privacy che, al contrario, si cerca di tutelare giuridicamente sempre più, sono fenomeni sentimentali, mentali e quotidiani che è possibile rilevare ogni giorno nei diversi aspetti della vita sociale nazionale. La politica certamente è la prima colpevole di questo stravolgimento. La res publica, la cosa pubblica, che teoricamente è il fondamento che si trova alla base della nozione di Repubblica, è stata soppiantata dalla res privata, dalle questioni di carattere personale e privatistico, che hanno preso il sopravvento e che dominano oggi la gestione del pubblico. Gli affari personali si sono trasformati in questioni di pubblico dominio che nel pubblico si legittimano e si regolano. L’abbattimento della sfera intimistica e la conseguente nascita di una sfera quasi totalmente pubblica a carattere privato è l’elemento chiave che connota da un ventennio l’attività politica dei nostri governanti. La politica è divenuto il luogo privilegiato all’interno del quale è possibile regolare e regolamentare le questioni di carattere privato. Questa trasposizione, devastante per l’intera realtà sociale, è stata la spinta generatrice di una subcultura, o meglio del fenomeno, attualissimo, dell’apparire e all’assioma secondo il quale “io sono solo se appaio, solo se ho un pubblico che mi osserva e mi giudica”. Poiché il giudizio del pubblico è divenuto l’unico limite alle nostre azioni, la ratio del nostro agire è tale solo se prima viene approvata e legittimata dal mio pubblico. Ebbene, la tesi cartesiana, in tutto questo ragionamento, come si colloca? Cogito ergo sum: la natura non cambia, la questione si risolve solo nel posizionamento che vogliamo dare al ragionare. Nel mondo dell’apparenza, il pensiero si è fatto secondario, perché non gode dell’approvazione pubblica, rimanendo quasi esclusivamente appannaggio del singolo e della sua ristretta schiera di amicizie e parentela. Dovremmo riprenderci totalmente la nostra privacy, l’unica che può garantirci la completa realizzazione della nostra essenza all’interno del gruppo di appartenenza. Io ragiono, pertanto sono. E mi distinguo e mi autodetermino come individuo, come singolo nel pubblico. Solo la certezza e la garanzia del privato determinano e riequilibrano il pubblico.