Salviamo lo spettacolo, salviamo la libertà  d’espressione

Autore Maurizio Zipponi

Domani sarà una giornata senz’arte: i sipari dei teatri saranno chiusi e il mondo dello spettacolo rimarrà in silenzio. I lavoratori della produzione culturale e dello spettacolo hanno indetto uno sciopero contro i tagli contenuti nella Finanziaria. “Si vuole rivendicare – scrive in una nota il Sindacato Lavoratori Comunicazione-Cgil – tra le altre cose, l'approvazione delle leggi quadro di Sistema dei settori dello spettacolo dal vivo e cineaudiovisivo, per riportare il Fus 2011 almeno al livello del 2008, ossia circa 450 milioni di euro. Si chiede la conferma del rifinanziamento per il prossimo triennio degli incentivi fiscali già esistenti per la produzione cineaudiovisiva e per favorire il processo di digitalizzazione appena avviato delle sale cinematografiche e contro la delocalizzazione delle produzioni cineaudiovisive; la modifica del ddl cinema per riorganizzare risorse e incentivi volti a rilanciare l'intero Settore. E per il Lazio, una legge regionale per la promozione e lo sviluppo delle attività cinematografiche ed audiovisive a tutela di tutta la filiera, dalla produzione alla distribuzione e all'esercizio''.
Noi dell’Italia dei Valori aderiamo allo sciopero di domani perché da sempre ci battiamo per la difesa della cultura, un bene collettivo della cittadinanza italiana, come l’acqua e le fonti di energia. Siamo pienamente d’accordo con i lavoratori di questo settore sulla necessità di reintegrare il Fondo Unico per lo Spettacolo e sull’esigenza di un rinnovo da parte del governo del tax shelter e del tax credit. Come responsabile del dipartimento Welfare e lavoro dell’Italia dei Valori, chiedo al Governo di voltare immediatamente pagina e di consentire alla cultura di uscire dal baratro nel quale è stata infossata da anni di tagli miopi e indiscriminati.
Per colpa della scure senza criterio del ministro Tremonti e dell’inadeguatezza delle scelte di Bondi siamo in questa situazione che, come denuncia il Slc-Cgil, rischia di far diventare anche il cinema, il teatro e la musica, come molti altri settori, un privilegio di pochi, sia dal punto di vista della produzione che da quello della fruizione.
Berlusconi e la sua maggioranza hanno sempre trattato le varie manifestazioni dell’arte alla stregua di inutili appendici, senza considerare che, per il nostro Paese, sono state e possono essere tuttora fonti inesauribili di ricchezza, di coesione e di occupazione. Solo il settore audiovisivo, infatti, alimenta un comparto da 250mila operatori, che, grazie a una grandi professionalità e talenti, sta contrastando la crescente delocalizzazione delle produzioni audiovisive e garantisce all’Italia la competitività e il pluralismo dell’industria cinematografica.
Noi non possiamo accettare che la produzione di un film, di uno spettacolo o di un concerto diventino ad appannaggio di pochi soggetti dominanti. La cultura è un diritto inalienabile che deve essere garantito al più ampio alveo di operatori. In questa situazione è, perciò, in gioco la libertà di espressione e di informazione del nostro Paese, già pericolosamente minata dall’egemonia delle testate del Presidente del Consiglio. L’Italia non deve e non può accettare altri oligopoli nella produzione culturale.

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