Non chiamiamoli futuristi

Non chiamiamoli futuristi

Più di una volta ho letto su alcuni quotidiani la parola “futuristi” utilizzata per definire i “finiani” che sono usciti dal PDL per formare FLI. E’ chiaro che “futuro e libertà” ha portato d'istinto alcuni giornalisti a chiamarli futuristi. Non è necessario essere uno storico o un intellettuale di livello per definire inopportuno e inadeguato un tale accostamento. I finiani e i futuristi sono come il giorno e la notte, anzi, come la notte ed il giorno. Il manifesto futurista di Marinetti del 1909 segnò una svolta in tutti i campi: arte, cultura, industria, tecnologia, politica; i finiani, invece, stanno combinando questo clamore per prendere il posto di un tal Silvio, che da tre lustri è più scaltro e bravo di loro ad occupar lo scranno più alto. Il Futurismo era la ricerca spasmodica di una dinamicità energica, competitiva, vincente, ardita, coraggiosa. La neonata formazione di Gianfranco Fini è, a mio parere, una coalizione cresciuta per opporsi ad un temuto Federalismo o perlomeno per contrastarlo; per opporsi al berlusconismo. Ho letto anche che tra i personaggi che hanno trasmesso valori alla destra finiana (che destra non è) figurano anche alcuni uomini come Gentile e d’Annunzio. Orrore. Non scomodiamo Gabriele d’Annunzio per accostarlo alle caratteristiche del vero finiano, né il Futurismo per accostarlo ad un partitino disposto ad accoppiarsi con democristiani e comunisti (insieme) pur di raggiungere il suo scopo.

Marco Chierici

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