Cosa deve fare un giudice quando, intercettando un malavitoso, scopre che parla con un onorevole? E' accaduto (manco a dirlo) con Cosentino. E secondo il fantasioso viceministro Castelli…
di Marco Travaglio, L'espresso, 22 ottobre 2010
“Comma 22”, il romanzo di Joseph Heller, prende titolo da un regolamento paradossale: “Comma 1: l'unico motivo valido per chiedere il congedo dal fronte è la pazzia. Comma 22: chiunque chieda il congedo dal fronte non è pazzo”. Quindi è impossibile ottenere il congedo. Ora il Comma 22 entra trionfalmente nella giustizia italiana grazie alle conseguenze sempre più demenziali di una legge folle del 2003, proposta dal verde Boato e approvata dal centrodestra insieme al lodo Schifani: quella che impone ai giudici di chiedere al Parlamento l'autorizzazione a usare le intercettazioni “indirette”, cioè captate su utenze di privati che parlano con deputati o senatori. Così si salvarono indagati del Pdl come Cosentino, Dell'Utri e Lunardi e del Pd come De Luca (ma anche “indagabili” come D'Alema e Latorre). Di recente la Cassazione ha annullato la decisione del Riesame di confermare la custodia per Carboni e Lombardi, arrestati per lo scandalo P3.
Motivo: il Riesame non ha risposto a un'insinuazione della difesa Carboni, secondo cui la procura intercettava il faccendiere non per ascoltare lui, ma i suoi interlocutori politici: Caliendo, Cosentino, Verdini e Dell'Utri. Se le cose stessero così, le intercettazioni sarebbero nulle: la procura avrebbe dovuto interromperle e pregare il Gip di chiedere alle Camere il permesso a proseguirle. Così, avvertendo indagati e compari delle indagini in corso, quelli avrebbero smesso di parlarsi e l'indagine sarebbe morta lì. Dunque non solo, come prevede la Costituzione, non si possono intercettare i parlamentari senza l'ok ex ante del Parlamento. Non solo, vedi legge Boato, non si possono usare intercettazioni indirette di parlamentari senza l'ok ex post delle Camere. Ma, per la Cassazione, le intercettazioni indirette non devono essere prevedibili: altrimenti non si fanno proprio. È quel che ha sostenuto ad “Annozero” il viceministro leghista Castelli, accusando i giudici antimafia di Napoli di aver aggirato, nel caso Cosentino, il divieto costituzionale di intercettare parlamentari. Poco importa se l'intercettato non era Cosentino, ma quattro camorristi che parlavano anche con lui: il viceministro dà per scontato che i colleghi di governo dialoghino abitualmente con camorristi.
E i giudici dovrebbero saperlo. Del resto la Procura di Roma sta per chiedere il rinvio a giudizio del consulente Genchi e dell'ex pm De Magistris per abuso d'ufficio con un'accusa simile a quella che Carboni muove alla stessa Procura di Roma: aver acquisito, nel caso “Why not”, tabulati telefonici di utenze in contatto con indagati comuni, pur sapendo che queste appartenevano a parlamentari (Mastella, Minniti, Pisanu, Loiero) e prima di chiedere il permesso al Parlamento. Genchi e De Magistris rispondono che solo dopo aver acquisito un tabulato si può sapere a chi appartiene il relativo telefono e quindi chiedere l'ok delle Camere. Ma qui, più che nel Comma 22, siamo in pieno manicomio.