Maroni depone contro Setola: “Nel casertano fu guerra civile”

Il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha deposto per circa un’ora come testimone in aula a Santa Maria Capua Vetere (Caserta) al processo per la strage dei sei immigrati africani trucidati a Castel Volturno nel settembre del 2008 in cui è imputato, tra gli altri, il boss dei casalesi Giuseppe Setola. La procura contesta agli imputati l’aggravante delle finalità terroristiche: da qui la necessità di sentire in Corte d’Assise il ministro che all’epoca, riferendosi alla situazione del casertano, parlò di «guerra civile». Sollecitato dal pm Alessandro Milita, Maroni ha ribadito il concetto: “I clan avevano mosso guerra allo Stato, che a sua volta mise in campo tutte le forze disponibili”.

All’indomani della strage furono infatti inviati 400 poliziotti e 500 militari per ingaggiare “una guerra alla camorra” che “sarebbe durata fino alla definitiva sconfitta dei clan”. Il ministro dell’Interno ha detto infatti che: “la presenza straordinaria sul territorio è ancora attiva”.

Secondo il ministro “l’immediata reazione dello Stato disinnescò una bomba che avrebbe potuto esplodere con conseguenze pericolossime”. Maroni ha poi aggiunto: “In quei giorni ci fu il rischio di uno scontro non tra due bande ma tra due comunità”. Ribadendo poi ciò che disse all’epoca della strage e cioè che il massacro poteva intendersi come un atto di terrorismo perché da un lato “mirava a imporre il terrore” alla comunità africana e dall’altro “intendeva affermare il disordine per dimostrare che in quel territorio lo Stato non c’era” e la camorra ci si poteva sostituire. Proprio a seguito di quei fatti, ha ricordato Maroni, fu istituita la sezione di Casal di Principe della squadra mobile.

È seguito poi il controesame da parte degli avvocati della difesa, i quali in particolare hanno chiesto al ministro se ci fossero state avvisaglie di “guerra civile” prima della strage allo scopo di confutare le “finalità terroristiche” dell’attentato. Maroni ha però confermato la situazione di costante pericolo sul territorio, prima e dopo la strage.

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