CONVEGNO AL CENTRO CULTURALE “CANDIANI” DI MESTRE. PROFESSIONE: INVIATO DI GUERRA

Un aspetto che viene poco trattato è sicuramente il giornalismo di guerra con riferimento specifico agli operatori di questa professione che sono gli inviati. Personalmente ho cominciato qualche anno fa ad ascoltare i racconti, (ieri sera proprio a Mestre, nella mia città natale) le esperienze di questi colleghi che, per fare informazione, spesso anche in prima linea, ci rimettono la pelle, posto che, fortuna loro, rientrino in perfetta salute alle loro sedi, dopo la missione di lavoro.

Ieri sera, è stata la volta di Silvio Giulietti, presentato da Beppe Gioia della Rai e dal mio Presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Gianluca Amadori, (v.foto).

Dico subito che i precedenti incontri sono stati nelle Marche con Ennio Remondino e qui, nel Veneto, con Valerio Pellizzari, ove si è parlato ovviamente degli avvenimenti bellici di allora nei Balcani, in Iraq per finire all’Afghanistan ecc.ecc.

Le cose che sono state dette si sono già viste nei vari telegiornali e quindi mi limito a raccontare, in un giornalismo leggero, quasi da curiosità popolare, delle “spigolature” che, nei telegiornali, non si sono viste in quanto considerate marginali rispetto alla realtà.

Prima spigolatura (se così vogliamo chiamarla).

Chi mi legge è a conoscenza che nell’esercito americano esiste una delle disorganizzazioni più conclamate del mondo nel settore bellico ? I soldati, armati di tutto punto, generalmente povera gente dai 19 ai 24 anni che non ha soldi, arrivano al fronte completamente “spaesati” (non perché si trovano in altro paese) e non sanno assolutamente come muoversi: tutto sembra demandato all’improvvisazione che nasce quasi d’istinto. Ieri sera si è parlato di uno spostamento nel deserto del Iraq che prevedeva un tempo massimo di 36 ore e cosa è successo ? Una coda di camion militari, lunga ben 30 km., ha sbagliato strada (posto che si possa parlare di strada in un deserto con tempeste di vento) e si è reso necessario invertire la rotta. Si immagini cosa può significare invertire la rotta per una fila di mezzi militari lunga 30 km ! Le previste 36 ore di viaggio si sono trasformate in 5-6 giorni.. sarebbe lunga la descrizione di tutto il resto.

Seconda spigolatura.

Questi ragazzi, sempre immersi nel più grande contesto della disorganizzazione, che facevano di sera ? Si riunivano, “sballavano” fra musica, alcool e droga, tanto che ne andavano di mezzo anche le loro risorse psico-fisiche, per poi ammalarsi e morire. La follia latente di guerre ingiuste determina infatti uno stress chiamato post-traumatico (PTSD) che finisce, come in effetti è successo, che il numero dei suicidi fra i reduci della guerra fosse più elevato dei morti ammazzati in combattimento, non sottacendo che i malati di cancro, linfomi ecc., era diventata una costante che l’America ha tenuto sempre nascosta per evitare di pagare sussidi alle famiglie…ecc.ecc.

A questo proposito, riporto qui sotto un pezzo, scritto da Monica Maggioni, inviata Rai con Silvio Giulietti .

“”Dal 2001 al 2009 è stato uno tsunami di sucidi tra soldati e sottoufficiali mandati in battaglia. E l'anno scorso, appunto, con un ritmo di 18 veterani al giorno che si tolgono la vita, il numero di suicidi tra i militari ha superato quello dei caduti in guerra. Un genocidio ritardato, di cui la brava giornalista e inviata di guerra italiana rende conto nel suo primo documentario, con una serie di testimonianze legate dalla storia di Kristofer Goldsmith.

Un ragazzo disperato, scosso dalle sue esperienze in Iraq ed alcolista, uno che la divisa se l'era messa per passione, perché ci credeva. Giovane sergente schiacciato da ciò che ha visto e vissuto, da una guerra che ti fa sparare su civili inermi e minorenni, la confessione spontanea di chi pensava di esportare la democrazia e ha scoperto che importava dolore e sensi di colpa. Attraverso questa lente d'ingrandimento scopriamo altre vicende, che fanno capo proprio al Ward 54, il braccio psichiatrico, spesso inefficiente (a voler essere buoni), dell'ospedale dei veterani di Washington D.C.. Un inferno in cui la malattia mentale è negata, stigmatizzata, in cui tentare il suicidio è una colpa che va lavata col congedo con disonore. Un'ingiustizia perpetrata con scientifica crudeltà da parte dello stato e delle forze armate, una negazione dell'evidenza che sconvolge lo spettatore col solo potere della testimonianza e dei ricordi.””

Terza spigolatura.

A proposito di disorganizzazione. Si sa che ogni mortale, ha delle esigenze fisiologiche e che, per espletarle, ha bisogno di una certa “privacy”. Ebbene, un giorno successe che la Maggioni e Giulietti, trovassero un WC chimico, (abbandonato dagli americani, e siccome fino a quel momento certe operazioni fisiologiche venivano espletate… a vista, col supporto di una paletta per interrare, anzi – è proprio il caso di dirlo – per insabbiare) e lo portassero col camion militare americano a 300 metri dal tendone in cui alloggiavano una trentina di persone. Venne il turno di Silvio Giulietti il quale, dopo aver aperto la porta del predetto WC su cui aveva…insabbiato le cose, si vede due militari con le armi spianate. “O Dio, qui è la fine…- dice Giulietti” Invece, per fortuna, questi due dovranno aver capito che uno con le brache ancora da sistemare e forse anche l’odore…non poteva sparare… e tutto è finito lì. Non voglio parlare poi delle maschere antigas per fronteggiare la guerra batteriologica che pareva essere arrivata… ma per questo mi riprometto di scrivere un capitolo a parte.

Quarta spigolatura

Si tratta di una cosa macabra. I ragazzini, sempre in mezzo al conflitto, spesso portavano ai militari americani, qualche pezzo di corpo umano dilaniato dalle bombe, ed in cambio chiedevano qualche dollaro… questi brandelli umani venivano fotografati per poi essere oggetto di reportages…da trasmettere nei rispettivi paesi, cosa che ora non si potrebbe più fare..

Vorrei finire con una spigolatura, una curiosità che sono in pochi a saperlo, anche fra noi giornalisti, raccontatami anni fa ad Ancona, si invito della Regione Marche, da Ennio Remondino, con riferimento alla guerra in Iraq..

Vi ricordate la rappresentazione quotidiana, costante e se vuoi anche impressionante di quel…cormorano intriso di petrolio che le TV facevano vedere appunto tutti i santi giorni, dandoci da bere che si trattava di un uccello, autoctono, fra la vita e la morte, nel mentre si “arrabbattava” senza poter muovere le ali quando bruciavano i pozzi di petroli in Iraq ? Ebbene quell’uccello non era stanziale vicino ai pozzi di petrolio di Saddam Hussein, ma era stato fotografato per caso nella…Baia di Hudson, molto verosimilmente incappato in una macchia di petrolio dalle navi lì ormeggiate, molto e molto lontano dagli eventi bellici dell’Iraq.

A volte, in questo marasma della guerra, anche un semplice uccello può darla da intendere al mondo intero, attraverso una concezione non proprio da … libido mediatica !

ARNALDO DE PORTI

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