Lodo Alfano: quel popolo del web va ascoltato

Lodo Alfano: quel popolo del web va ascoltato

di Flavia Perina*

Ma sì, lo sappiamo tutti che sul lodo Alfano c’era una posizione precisa, espressa, da Futuro e Libertà fin da inizio settembre: favorevoli a una tutela “ad personam” delle massime cariche dello Stato, contrari a leggine di salvaguardia che incidano sugli interessi degli italiani. Epperò un movimento d’opinione che si sta costruendo guardando alla modernità e al web dovrà pur tenere conto della vera valanga di dissenso, delusione, amarezza che si è riversata dal suo “pubblico” dopo quel sì in Commissione Affari Costituzionali al Senato.
Le ragionevoli osservazioni dei ragionevoli dirigenti, capigruppo e responsabili di Fli sulla vicenda, sono scivolate come l’acqua su questo spicchio di opinione pubblica. Generazione Italia, per testimoniare la “fedeltà alla linea” e l’inconsistenza dell’accusa di aver fatto un passo indietro, ha rimesso in rete il video e il testo integrale del discorso di Mirabello, dove il tema dello scudo per premier e presidente della Repubblica era affrontato chiaramente: il sì al Lodo Alfano, in quell’intervento, era la “piattaforma” su cui si innestavano considerazioni molto ferme in materia di tutela dell’azione della magistratura e della legalità. Ed era chiaro a tutti il significato di quel passaggio: sì a quel Lodo, come forma estrema di rispetto per il voto popolare che ha eletto Berlusconi, per poter dire con la stessa trasparenza no a ogni altro degli innumerevoli pasticci ideati per svicolare tra le maglie della giurisdizione. Be’, anche quel video e quell’intervento riproposto on line, hanno avuto poco successo: i commenti positivi si contano sulla punta delle dita.

Non è la prima volta che succede. Già all’epoca del voto di fiducia sui famosi cinque punti, anch’esso largamente annunciato, il contraccolpo per Fli era stato evidente, fino a incidere sui sondaggi d’opinione che avevano registrato un secco calo della formazione finiana. Ci pare obbligatorio, a questo punto, affrontare una riflessione che è rimasta finora latente nell’area di Futuro e Libertà, anche perché riguarda un fenomeno relativamente nuovo: l’emergere e il consolidarsi di un antiberlusconismo “da destra” che vive come un trauma qualsiasi tipo di compromesso politico sui temi del rispetto delle regole. Si potrebbe rispondere (e molti a buon diritto lo fanno) che si tratta di un atteggiamento antipolitico, perché è ovvio che l’orizzonte del gruppo finiano, ciò che esso punta a mettere in moto nella società italiana, va molto oltre le contingenze di un voto in Commissione, per quanto rilevante sia, e dell’iter di un singolo provvedimento riguardante il premier.

Ma non basta, perchè come ci ricorda Massimo Fini – uno che nei circoli “di base” ci va a parlare e ne conosce meglio di altri gli umori – l’antiberlusconismo di destra è anche e soprattutto «un dato istintivo, di pelle», fortemente legato anche all’esasperazione per la crisi: «Se andasse tutto bene, forse la gente se ne fregherebbe, ma siccome non è così, il malessere enfatizza il malumore». E comunque, ci dice Fini, esistono tante declinazioni di destra nel mondo, ma tutte senza eccezioni fanno riferimento al principio “law and order”: la difesa dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge è un principio sul quale ogni compromesso è percepito come tradimento. Comunque, continua il giornalista e scrittore, non è del tutto vero che l’antiberlusconismo di destra sia un fenomeno nuovo: «Ho parlato spessissimo nei circoli di An o nei convegni delle sue organizzazioni giovanili, e questo tipo di critica era largamente diffuso, direi maggioritario». Ora, la nascita di un’opzione politica alternativa, quella di Futuro e Libertà, ha catalizzato una serie di aspettative che non possono essere ignorate, perché definiscono meglio di ogni indagine demoscopica il “profilo” e i valori di riferimento del movimento che si sta costruendo.

E allora, pagato il dazio del Lodo, forse sarà il caso che Futuro e Libertà, che proprio in questi giorni sta elaborando il suo “manifesto d’intenti” in vista della convention di Perugia, approfondisca il tema e soprattutto dissipi con rapidità le costruzioni mediatiche che si vanno affastellando su quel sì: a cominciare dall’idea che l’assenso allo scudo per il premier sia il primo atto di una normalizzazione della contesa sulla giustizia, per finire con la risibile tesi di un accordo segreto per garantire un “minimo sindacale” di seggi e ruoli a Fli in caso di elezioni anticipate. Nessuno di noi (non io di sicuro) sarebbe entrato in questa rischiosa avventura per questo.

Nessuno di quelli che ci leggono, simpatizzano, aderiscono, costituiscono circoli, lo avrebbe fatto per questa miserabile prospettiva. E allora bisogna dirlo chiaramente: come ha scritto su Libertiamo Carmelo Palma, la «caccia all’uomo» ha regalato a Berlusconi l’opportunità, per molti anni, di cavalcare l’emergenza giudiziaria per i suoi interessi spandendo a piene mani nella legislazione e nella politica riforme dettate dai suoi interessi processuali. Lo “scudo” alle alte cariche è il solo modo per chiudere questa stagione e restituire trasparenza e libertà d’azione al confronto su giustizia, legalità, rispetto delle regole. Se la si pensa così, serve da ora in poi quello che Fabio Granata chiama un «supplemento d’attenzione, coerenza e rigore» sui temi della lotta alle cricche e alle mafie, che è anche l’unica e concreta risposta che si può dare al nostro “popolo del web” senza rifugiarsi nei tecnicismi e soprattutto senza ripercorrere le strade della vecchia politica, che ha sempre considerato il rapporto con la rete un discorso a senso unico o tutt’al più uno spazio-sfogatoio che non incide sulle scelte della politica.

Le centinaia, o forse migliaia di messaggi critici messi in rete in queste ore dai siti, dai blog e dagli spazi dell’area finiana su Facebook sono già, di per se stessi, un segnale di maturità e di cambiamento da non sottovalutare. Mai era successo, almeno nel centrodestra, che le voci di dissenso su argomenti così delicati fossero accolte senza nessuna tentazione di censura. Mai era accaduto che determinassero riflessioni, anche autocritiche, da parte delle classi dirigenti. E ai moltissimi cui non è piaciuto quel “sì” sul Lodo possiamo, in tutta buona fede, dire almeno questo: le vostre voci di privati cittadini, di simpatizzanti, di potenziali elettori, hanno un peso, contano qualcosa, stanno determinando dibattito interno, in sintonia con il progetto di “movimento d’opinione” che Fli sta elaborando. Considerando l’aria da caserma che si è respirata per un bel pezzo, non è pochissimo…

*Pubblicato sul Secolo d’Italia del 21.10.2010

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