Un atto d’amore verso la creatura non ancora concepita

Riguardo al premio Nobel per la medicina, assegnato a Robert Edwards, per aver messo a punto la tecnica della fecondazione in provetta, padre Gonzalo Miranda, docente di bioetica all'Università Pontificia “Regina Apstolorum” a Roma, ha detto, fra l'altro: “I figli devono essere il risultato di un atto d'amore e non di un atto medico”. Frase di effetto. Ma è evidente che il professore ha in mente l'amore che unisce gli sposi, e non l'amore verso la creatura desiderata. Quando si afferma che la creazione dell'uomo da parte di Dio è un atto d'amore, non si allude ovviamente (e come potrebbe essere?) all'amore di cui parla padre Miranda, bensì all'amore traboccante di Dio. Ora, desiderare di mettere al mondo un bambino, la decisione di procreare, è un atto d'amore, un atto d'amore verso la creatura non ancora concepita, e poiché siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio, si può sicuramente affermare che si tratta di un amore somigliante all'atto della Creazione. Il bambino concepito grazie alla tecnica della fecondazione in vitro, non è dunque il risultato (che brutto termine!) di un atto medico (semplice strumento), bensì, e in modo particolare, il frutto (che bel termine!) dell'amore verso la creatura intensamente desiderata. In modo particolare, dicevo, poiché a differenza degli altri bambini è sempre voluto.

Francesca Ribeiro

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