I Connazionali all’estero sono circa 3.500.000 e la comunità più numerosa vive in Europa con oltre due milioni di presenze. Tutta quest’Umanità, che è sempre stata motivo di un nostro diretto interesse pubblicistico, politicamente conta poco; per non scrivere in sostanza nulla. Conquistato, pur con grandi compromessi, il diritto di voto politico e referendario, gli italiani nel mondo sono oggettivamente una forza numerica che ha uno scorso peso sulle questioni interne nazionali. Soprattutto perché il previsto voto può essere solo indirizzato a candidati residenti all’estero e che fanno capo, e questo è l’aspetto più intrigante, ai partiti nazionali. Da subito, non ce ne voglia l’On. Tremaglia, non siamo stati d’accordo sul meccanismo che il nostro Parlamento ha varato. Votare per candidati residenti oltre frontiera non è, poi, il male maggiore. Ma lo è quello d’intruppare il voto nei partiti nazionali. Tra l’altro, gli eletti nella famigerata Circoscrizione Estero si sono ben allineati nelle beghe, ormai croniche, tipiche dei partiti di casa nostra. Ma non basta. Con l’evoluzione della situazione politica nazionale, non sono pochi gli elettori dall’estero che, ora, si sentono frastornati. I Partiti si stanno sgretolando e nuove formazioni politiche hanno visto la luce creando, tra l’altro, maggiore confusione per gli elettori oltre frontiera che non hanno modo d’aggiornarsi sulla costante trasformazione del quadro politico nazionale. Da qui le incomprensioni, le rivendicazioni e la demotivazione nel votare. Lo stesso sistema per corrispondenza, che già ha creato non pochi problemi, dovrebbe essere cambiato. Però questa è un’altra storia. A noi preme la liberalizzazione del diritto di voto. Le Circoscrizioni elettorali nazionali dovrebbero essere aperte anche per chi vota dall’estero. Senza nulla togliere alle prerogative, in realtà assai modeste, di chi intende candidarsi nella circoscrizione estero. Estendendo il diritto di voto, di milioni di voti, si potrebbe ovviare al “ripescaggio”, tanto caro ai politici della Prima Repubblica. Il nostro punto di vista è semplice. Il diritto di voto è riconosciuto in relazione alla cittadinanza e nulla a da vedere con la residenza dell’elettore. L’aver varato la Circoscrizione Estero ha determinato, col tempo, una sorta di ghettizzazione di un diritto per lungo tempo ottusamente negato. La tesi: “Meglio così che niente” non l’abbiamo mai condivisa, sicuri di non essere i soli. In democrazia, nella nostra Democrazia, votare significa principalmente decidere indirettamente delle sorti del Paese. Quindi gli eletti al Parlamento dovrebbero rappresentare tutti gli elettori; anche quelli residenti fuori d’Italia. Del resto, gli eletti nella Circoscrizione Estero, con l’aria che tira in Patria, da tempo non fanno sentire la loro voce e le proposte normative per consolidare in Italia i pochi diritti degli italiani nel mondo sono bloccate nelle commissioni parlamentari. Come da programma. Tenuto anche conto della situazione del nostro Esecutivo, riteniamo che il momento della svolta sia più che opportuno. I tempi sono maturi per rendere operativo il diritto di voto universale; cioè esteso anche alle circoscrizioni elettorali nazionali. Il momento per l’auspicata svolta è maturato. Noi siamo pronti al dialogo e, se necessario, anche al confronto.