L’Iran chiede aiuto all’Occidente nella lotta al narcotraffico. Lo fa per bocca dell’ambasciatore iraniano presso le Nazioni Unite, Mohammad Khazaee, che in un intervento presso l’Assemblea Generale ha detto che il traffico di narcotici rappresenta “la principale fonte di finanziamento” dei gruppi militanti nella regione. Gruppi di taliban, s’intende, che attraversando il fragile confine tra Aghanistan e Iran esportano sui mercati occidentali circa il 90 per cento della produzione mondiale di oppio,pari a 6.900 tonnellate secondo i dati in possesso alle Nazioni Unite. «Per decenni l’Iran è stato in prima fila nella lotta contro i mafiosi transnazionali della droga», ha detto Khazaee. «Migliaia di ufficiali iraniani hanno perso la loro vita e miliardi di dollari sono stati spesi per combattere i trafficanti di droga e per interrompere le spedizioni di oppio». Per Teheran la lotta al narcotraffico è una priorità. Farian Sabahi, docente di Storia dei Paesi Islamici all’Università di Torino, spiega che: “Secondo le stime della Repubblica islamica i tossicodipendenti sono circa 4 milioni (su 70 milioni di abitanti), le principali rotte del narcotraffico che partono dall’Afghanistan attraversano l’Iran dove la polizia cerca di intervenire, con alti costi in termini di vite umane tra gli agenti”. E aggiunge: “L’impegno dell’Iran alla lotta contro il narcotraffico non è noto all’opinione pubblica occidentale, la cui attenzione è maggiormente focalizzata sulla questione nucleare e, giustamente, su quella dei diritti umani”.
Non è la prima volta che il regime degli Ayatollah chiede aiuto contro il traffico di droga, restando però inascoltato. Questo è quanto affermato da Mostafa Dolatyar, direttore generale dell’Institute for Political and International Studies (Ipis) di Teheran, intervenuto lo scorso giugno a Roma alla tavola rotonda ‘Iran e Italia, le ragioni per il dialogo e la cooperazione’. “In questa lotta – ha dichiarato il direttore dell’Ipis – fino a oggi non abbiamo ricevuto aiuti dagli amici europei e questa scarsa attenzione è motivo di rammarico. Uno dei pretesti dell’intervento militare in Afghanistan era la lotta alla droga, ma non è successo niente”, ha spiegato ancora Dolatyar, anzi “negli ultimi dieci anni, durante i quali la Nato è stata presente nel Paese, la produzione di oppiacei è cresciuta da 800 a ottomila tonnellate all’anno”.
Il ministro degli Esteri di Teheran, Manoucher Mottaki, ha recentemente rilasciato un’intervista a Der Spiegel nella quale, rivolgendosi all’opinione pubblica tedesca ed europea, chiedeva supporto nella lotta al narcotraffico, poiché essa è anzitutto interesse occidentale. Qualcuno però mugugna. I detrattori del regime di Teheran affermano che i fondi inviati in Iran per la lotta contro i signori della droga finiscano nelle tasche di Hezbollah e chiosano che per il reato di traffico di stupefacenti vige la pena capitale e che quindi – con quegli aiuti – l’Occidente sosterrebbe il ricorso alla pena di morte in Iran.
Luglio 2010: Iran chiama Italia: insieme nella lotta al narcotraffico afghano