L’ ANCFARGL E L’8 SETTEMBRE: FINIRA’ MAI LA GUERRA CIVILE ?

La televisione di Stato in un servizio sull’8 settembre 1943 ha mostrato tra i vari celebratori della nostra resa a discrezione -additata come pagina gloriosa della Patria- il generale Luigi Poli Presidente Nazionale dell’ANCFARGL (Ass. Naz. Combattenti FF AA Regolari Guerra di Liberazione) apolitica ed apartitica per Statuto, che si propone la celebrazione ed il ricordo dei Militari che dopo l’armistizio combatterono nella file dell’esercito regio del Sud in contrapposizione alle FFAA della RSI con le quali –ad onor del vero- non ebbe occasione di scontrarsi durante il periodo denominato ‘guerra civile’ per quest’ultime e ‘guerra di Liberazione’ per le prime.
Il gen. Poli fu altresì autore di un accordo nel 1993 con l’on. Giulio Cesco Baghino, Presidente dell’UNCRSI, Associazione che raggruppa i Combattenti della RSI e il lodevole scopo di entrambi fu diretto a riappacificare ufficialmente i membri delle due Associazioni.
Ne “IL TEMPO” del 6 settembre 1993 si lesse infatti questo articolo di Paolo Berardengo:

“E' mai finita la guerra di Liberazione? L'antica divisione tra i giovani -e meno giovani- d'Italia che combatterono l'uno contro l'altro? E ancora: ha un senso, oggi, guardare in cagnesco l'anziano che mezzo secolo or sono aveva, imberbe, un'altra divisa? Il generale Luigi Poli, già senatore democristiano e attualmente presidente dell'Associazione nazionale combattenti della guerra di Liberazione, è convinto di no.
Ha preso carta e penna e ha scritto all'omologo “nemico”, l'ex deputato missino e presidente dell'Unione combattenti della Repubblica sociale italiana, Giulio Cesco Baghino.
I due si sono incontrati e hanno scritto una lettera a Scalfaro per chiedere udienza e perchè suggelli, proprio questo 8 settembre, una pace definitiva.
L'associazione del generale Poli, si dirà, non è la maggiore. E soprattutto non è la canonica Anpi del pidiessino Boldrini. Ma l'iniziativa è destinata a suscitare ugualmente interesse e scalpore. I due protagonisti della vicenda, impegnati in questi giorni nelle celebrazioni dell'anniversario, sanno benissimo che l'iniziativa risolleverà rancori mai completamente sopiti. Proprio per questo, e per evitare altrettanto prevedibili strumentalizzazioni politiche, hanno preferito mantenere il più stretto riserbo sulla lettera al Presidente della Repubblica e sulla sua risposta. La speranza è che l'iniziativa possa innescare una reazione a catena, e coinvolgere in un secondo momento l'associazione cattolica del senatore Taviani e quella “rossa” di Boldrini.
Il “perchè” di questa iniziativa, secondo il generale Poli, sta proprio nell'idea stessa di “divisa”. Cinquant'anni or sono si trovarono gli uni di fronte agli altri, “militari con stellette che combattevano al Sud e militari con gladio che combattevano al Nord”. Tutti con il solo pensiero di servire la Patria, come credevano giusto.
Però, sarà polemica. Quello che non va proprio giù a moltissimi ex partigiani (e specialmente a quelli che combatterono senza stellette sulle montagne) è il ridimensionamento del ruolo della RSI nelle vicenda di mezzo secolo addietro. E il ruolo delle formazioni fasciste in quella guerra. Se è vero, infatti, che le occasioni di scontro dell'armata di liberazione e italiani di Salò furono ridotte al minimo, cos' non fu nella lotta in montagna. Una difficoltà, questa, che il generale Poli ha senz'altro ben presente. Anche se ricorda: “Vicino ai “nostri” morti di Montelungo Cassino, c'è una tomba con una lapide che ricorda un allievo ufficiale. Era un caduto della RSI: forse per questo non dobbiamo onorarlo?”.
Quello che Poli e Baghino hanno chiesto a Scalfaro, dunque, è la caduta di un ultimo muro. Un muro tutto italiano. A Scalfaro non solo perchè presidente della repubblica ed ex partigiano. Anche perchè è stato lo stesso Capo dello Stato al meeting di Cl di Rimini, a dire: Dobbiamo ricordare tutti, anche quelli che si batterono per ideali che non condividiamo”. E a invitare gli italiani a “lasciare il giudizio alla storia”. Parole, hanno detto i protagonisti dell'iniziativa, senza le quali non sarebbe stato possibile questo tentativo di conciliazione.
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La lettura di tale articolo dimostra quanto fossero encomiabili i sentimenti che mossero i due Presidenti a tentare un accordo che ponesse fine all’interminabile serie di polemiche trascinatesi dal 1943 in poi tra militari che combatterono per il Sud e quelli della RSI divisi forse su tutto ma uniti dal vincolo comune a entrambi ai principi dell’ordinamento militare, come tali esulanti da una concezione partigiana del loro agire.

Purtroppo la ‘ratifica’ di tale accordo da parte di Scalfaro non ci fu per motivi prettamente ideologici cui si rifece costui, la cui ascesa alla massima carica dello Stato non valse –evidentemente- a farlo divenire, come suol dirsi, il Presidente di TUTTI gli italiani ma lo lasciò rinchiuso nei suoi rancori di mezzo secolo prima con l’effetto di far continuare una distinzione tra italiani in buoni e cattivi anziché eliminarla, provocando un salutare effetto conciliatore tra di essi.

Perfino il Presidente dell’allora esistente MSI, Gianfranco Fini, fu molto duro (chissà se lo sarebbe oggi …) e manifestò il suo disappunto con questo commento rilasciato all’adnkronos: il 9/9/1993:
8 SETTEMBRE: FINI, ''SCALFARO HA PERSO UN'OCCASIONE''
Padova, 9 set. -(Adnkronos)- ''Ieri si e' persa una importante occasione per decretare la fine dell'apologia della guerra civile''. Lo ha detto il segretario del Msi, Gianfranco Fini, nel corso di una conferenza stampa in occasione dell'apertura del meeting del polo nazionale di destra in programma da stasera a domenica al parco Prandina di Padova.
''Lo stesso storico Renzo De Felice spiega come l'8 settembre del '43 sia stato il momento di rottura dell'identita' nazionale. Prima di questa ricorrenza, dopo 50 anni, vi era stato da parte del generale Poli, delle forze che combatterono al sud i tedeschi, e da parte dell'on. Baghino, della Repubblica Sociale Italiana, l'invito a Scalfaro per un atto simbolico che ponesse fine a questo mezzo secolo di divisoni. Ieri Scalfaro non ha fatto quello che secondo noi occorreva fare, perche' anche quel riferimento alla pieta' verso tutti i morti ci e' apparso dettato piu' da spirito cristiano che da consapevolezza che se dopo mezzo secolo si continua ritenere che l'Italia debba basarsi sulla apologia di una guerra civile si continua a discriminare una parte di italiani e quindi si pongono condizioni di mancata concordia''. ''Noi siamo sostenitori della pacificazione nazionale -ha continuato Fini- dal primo momento in cui i nostri deputati sono entrati in Parlamento nel '48 e sfido chiunque a dire che la pacificazione nazionale sia stata ostacolata dal Msi. Anche recentemente le polemiche piu' feroci alla possibilita' di una stretta di mano simbolica di fronte a Scalfaro sono giunte da Boldrini, Taviani, dai nostalgici della guerra civile e della Resistenza. Del resto li capisco, perche' se non potessereo piu' dire agli italiani di aver fatto la Resistenza, non potrebbero dire piu' nulla''.

Non condividere le parole di Fini appare impossibile eppure –come s’è visto- i soliti affetti dalla sindrome del ‘partigianesimo’ a tutti i costi non solo si opposero, ma fecero sì che anche il Presidente Scalfaro, malgrado i suoi sempre ribaditi sentimenti di ‘devoto’ della Madonna, facesse altrettanto.

Da allora sono passati ben 17 anni e quasi tutti ignorano il ‘niet’ del ‘santo’ Presidente ad un accordo che avrebbe fatto tornare la normalità nei rapporti tra ‘vincitori’ e ‘vinti’ producendo i suoi benefici sul tormentato periodo odierno in cui sembra che la ‘guerra civile’ di un tempo non debba cessare mai.

Questo per sommi capi il resoconto dei fatti, ma di una cosa non possiamo non tener conto e cioè che se il gen. Poli all’epoca manifestò tali encomiabili propositi sembra che ora li abbia dimenticati avendo –a quanto si sa- omesso di riprendere il discorso con il vecchio interlocutore allineando pedissequamente la sua Associazione nell’ambito di quanti –come l’ANPI- aborrono qualsiasi contatto con il ‘nemico’ di 70 anni fa al quale continuano imperterriti a fare guerra.

Non credo che ciò sia giusto soprattutto perché l’aver indossato una divisa su fronti avversi posteriormente all’8 settembre, dopo aver combattuto la stessa guerra dal 1940 a tale data, non può non aver lasciato intatta l’amicizia e la stima reciproche tra combattenti.

Il caso del generale Gioacchino Solinas che l’ 8 settembre ’43 ORDINO’ ai suoi Granatieri di resistere ai tedeschi a Roma per salvaguardare l’ONORE MILITARE e successivamente aderì alla RSI, convinto di continuare a fare il suo dovere di Soldato è emblematico di come i rapporti di stima tra chi indossò una divisa non vengano mai meno qualunque cosa accada.

E’ augurabile perciò che l’ANCFARGL e per essa il gen. Poli riprenda da dove si è fermata: cioè dal 1993. La pacificazione nazionale sia pur parziale non solo lo vuole ma lo esige.

Massimo Filippini

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