La religione nel tempo di Barack Obama

GLI STATI UNITI D’AMERICA VISTI DALL’ITALIA

Leggo su Newsmax.com, notiziario online del Partito Repubblicano, un’intervista in cui il Pastore Evangelico Franklin Graham sostiene che l’attuale Presidente B. Obama ha stretti legami con l’Islam e sottolinea che Obama è “nato” islamico.
L’intervistatore John King della CNN chiede: Ha dei dubbi sulla fede cristiana del Presidente?
F.Graham risponde: Penso che il problema del Presidente è che egli è nato musulmano. Suo padre era musulmano, il seme dell’Islam è passato attraverso suo padre come il seme del giudaismo è passato attraverso sua madre. E’ nato musulmano, suo padre gli ha dato un nome islamico.Ora è ovvio che lui ha rinunciato al Profeta Maometto, che ha rinunciato all’Islam ed ha accettato Gesù Cristo. Debbo credere a quello che dice. Ma era nato musulmano, il mondo islamico lo vede come uno dei suoi figli…
E via di questo passo, sottolineando la differenza fra quello che il Presidente dice e le sue origini, sul nascere in una religione ed il diventare parte di un’altra, fino a sostenere che il Presidente avrebbe fatto meglio ad entrare in una buona chiesa evangelica, quelle sì che insegnano bene la Bibbia, anziché nella chiesa del Rev. Wrights di Chicago.
Insomma questa intervista mi pare una bella espressione del libero mercato delle chiese, un’attività promozionale per il primato di una chiesa in campo etico e politico, per prestigio e numero dei seguaci.
Pensiero che fa nascere una nuova domanda: qual’è la chiesa migliore per salvarsi l’anima lassù, e per diventare un inattaccabile presidente degli USA quaggiù? Ricordiamo che all’epoca della campagna elettorale del Presidente Kennedy si sostenne da più parti che mai e poi mai un cattolico poteva essere presidente degli USA perché l’obbligo dell’ubbidienza al Papa di Roma poteva interferire con le decisioni politiche.
Ed allora per cercare una risposta in questo bel groviglio multietnico e multiculturale creato dall’attuale Presidente, da buona europea, abituata a dare uno sguardo all’indietro prima di guardare in avanti, ricordo che i padri fondatori dell’Unione di stati nordamericani erano un gruppetto di Puritani emigrati nel XVII secolo dall’Inghilterra, in cerca di una terra dove potessero essere liberi di professare il loro credo religioso, perché nella terra natia si sentivano una minoranza perseguitata dalla chiesa anglicana, professata dalla corona e quindi dalla maggioranza della popolazione, nata dal distacco dalla Chiesa di Roma, ufficialmente a causa di un divorzio negato.
E questi Puritani sancirono il principio della libertà di religione, pensiero e parola, come pietre fondanti di una comunità formata da emigrati provenienti da ogni parte del globo, che doveva crescere nel rispetto di questi principi.
Che cosa sono dunque le riflessioni/accuse rivolte dal Rev. F. Graham al Presidente, nato e cresciuto sul suolo americano, istruito ad Harvard, primo nero a dirigere la rivista interna di quel prestigioso ateneo?
Non siamo nella terra di tutte le libertà per tutti? Fino a che punto queste libertà fondanti sono una realtà vissuta, accettata nel quotidiano? Mi pare che in questo caso siamo alle manifestazioni del conservatorismo più chiuso, quello che limita ai wasps, bianchi anglo- sassoni protestanti, le libertà di cui alla costuituzione, insomma la manifestazione di una democrazia limitatissima, privilegio di pochi, e di una religione che salva l’anima di quei pochi. Per salvarsi, prima in questo mondo e poi nell’altro, è opportuno che gli americani entrino nella chiesa indicata dal Rev. Graham. Meglio ancora, in questo caso la salvezza è proprio garantita, se nascono figli di membri di quella chiesa, biondi e con gli occhi chiari.
Con buona pace dei sacri principi di libertà sanciti nella costituzione, difesi con coraggio da Barack Hussein Obama, primo presidente di colore degli Stati Uniti d’America, in una situazione difficile e spinosa come quella della collocazione di un centro di cultura islamica a New York.
Signor Presidente, per lasciare alle giovani generazioni americane una democrazia più perfetta e più compiuta, la strada da percorrere è assai lunga, lei ne indica la direzione e ne illumina il cammino. Coraggio, vada avanti, porti avanti il suo sogno di un’America migliore.

emedoro@gmail.com
L’Aquila 24 agosto 2010.

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